Era il febbraio del 1979 quando Mario (il nome è di fantasia) iniziò il primo trattamento di emodialisi per la sua insufficienza renale cronica. “Oggi è il mio compleanno- esordisce con la soddisfazione di chi ha lottato per il bene più prezioso- ho compiuto il mio 44 esimo anno da dializzato nel reparto di Nefrologia e Dialisi all’Ospedale San Donato di Arezzo diretto dal dott. Conti Paolo. Tutti i giorni, tre volte a settimana, ho un appuntamento con la vita- ci dice con occhi pieni di gratitudine e speranza- Avevo solo 11 anni quando i brividi di freddo, la febbre e le analisi del sangue sballate fecero intuire che qualcosa non andava, così, dopo una prima terapia dietetica ipoproteica ho iniziato la mia nuova vita, prima a Siena e dopo poco tempo ad Arezzo. Questa non si può chiamare una vita normale, perchè per tre mattine a settimana io devo andare in ospedale a curarmi, ma non mi sono mai abbattuto, complice la forza che ho ricevuto da familiari ed amici, ma grazie anche alla competenza e professionalità che ho trovato qui al Centro di Arezzo, la mia seconda famiglia. Ci tengo, nel celebrare questo traguardo personale, a ringraziare tutti coloro che mi seguono in questo percorso: questa è una bella storia e le belle storie in sanità meritano di essere raccontate”. “Ad Arezzo ci sono altri pazienti in cura per trattamento di dialisi da tanti anni, alcuni da decenni- Spiega il dott. Conti direttore del Reparto Nefrologia e Dialisi dell’ospedale San Donato di Arezzo- ma 44 anni è veramente un periodo lunghissimo che rende unica la storia di Mario che non ha mai potuto, per motivi clinici, effettuare il trapianto. Per questo oggi festeggiare con lui questo compleanno singolare ci rende orgogliosi. Naturalmente questo risultato non è solo mio, ma di tutti i Medici e gli Infermieri che lavorano e che hanno lavorato in questo Reparto. Mario è stato seguito dai Primari di Arezzo che mi hanno preceduto, che dobbiamo ricordare, in particolere il Prof.Sasdelli, ma anche Bianchi e Duranti.
Comunque questo “compleanno” ci stimola a continuare nella strada intrapresa, per dare un messaggio positivo a chi deve affrontare questo tipo di cure”.