Due scrigni d’arte, due luoghi che la grande storia e le gesta eroiche di molti hanno consacrato a “Custodi dell’arte in guerra”. Il Castello di Poppi e il Monastero di Camaldoli aprono insieme le loro porte per raccontare come nel corso del secondo conflitto mondale siano diventati il forziere delle Gallerie degli Uffizi. Non ha paragoni, infatti, la concentrazione di capolavori e la lunghissima durata della funzione protettiva, addirittura dal 1940 al 1945, che videro protagonisti i due baluardi del Casentino.
La leggendaria e tormentata storia della salvezza di centinaia di opere d’arte tra le più famose al mondo è racconta dalla mostra allestita a Poppi “Michelangelo rapito – Capolavori in guerra dagli Uffizi al Casentino” (fino al 28 gennaio 2024), ma sabato 14 e domenica 15 ottobre Poppi e Camaldoli, con la collaborazione delle Gallerie degli Uffizi, si può approfittare di visite straordinarie in abbinamento per raccontare come il Casentino salvò un patrimonio di valore universale.
Sabato 14 ottobre al Castello di Poppi sarà la curatrice della mostra, Alessia Cecconi, a guidare i visitatori sulle orme della storia e dei personaggi, come il soprintendente Giovanni Poggi, il monuments men Frederick Hartt e lo 007 dell’arte Rodolfo Siviero. Sono previste 4 visite guidate (ore 11 – 12.15 – 14.30 – 15.45, prenotazione obbligatoria a rilliana@casentino.toscana.it oppure 0575 502221). Al Monastero di Camaldoli sempre sabato 14 ma anche domenica 15 ottobre, visite alla scoperta degli ambienti che salvarono l’arte (dalle 10.30 alle 15.30 ogni 30 minuti, info e prenotazioni www.mazzafirra.com oppure 334 8950295).
Centinaia furono le casse trasportate nell’antico maniero dei conti Guidi a Poppi, al monastero di Camaldoli e, infine, a Villa Bocci di Soci. Nascoste nel buio dei rifugi allestiti nel Casentino, quasi a simbolo di uno straordinario museo forzato, c’erano la Madonna del Cardellino di Raffaello, la Nascita di Venere del Botticelli, la Sacra Famiglia di Michelangelo (Tondo Doni), le opere di Leonardo, Beato Angelico, Tiziano e Piero della Francesca.
La maggior parte della casse con le opere accuratamente imballate dagli Uffizi e dai maggiori musei e gallerie fiorentine, rimasero intatte e inviolate fino alla fine della guerra. Ma dal Castello di Poppi, la notte tra il 22 e il 23 agosto 1944, un manipolo di soldati tedeschi trafugò 37 delle 410 casse custodite, che presero la via del nord e furono poi recuperate, non senza difficoltà, al castello di Neumelans a Campo Tures e nel vecchio palazzo della pretura a San Leonardo in Passiria. Tornarono a Firenze, attese da oltre duemila fiorentini in piazza Signoria, il 22 luglio 1945.
A Camaldoli, l’unico deposito del Casentino che rimase intatto fino al ritiro della Soprintendenza nel giugno del 1945, il Padre superiore Antonio Buffadini dopo l’8 settembre riuscì a difendere il prezioso tesoro che gli era stato affidato da Giovanni Poggi grazie allo status di dipendenza dal Vaticano e ai salvacondotti inviati da Poggi stesso e dalla Santa Sede. Quando il 24 agosto, per la terza volta alcuni ufficiali tedeschi bussarono alla porta di Camaldoli per ritirare i quadri delle Gallerie di Firenze, trovarono Buffadini ad attenderli. “Punto mani e piedi – scrive il monaco nel suo diario di guerra – senza i documenti di chi me li ha consegnati e un altro delle superiori autorità tedesche, non cederò un sol quadro a nessuno: né ai tedeschi, né ad italiani, inglesi o americani! Gli ufficiali – conclude Buffadini che dalla sua aveva anche un’ottima padronanza del tedesco – vista la mia fermezza e audacia, se ne tornarono con le pive nel sacco”.