sabato, Novembre 23, 2024

Le farfalle del parco nazionale delle Foreste casentinesi

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Lo studio sulle farfalle, pubblicato nel gennaio di quest’anno, “Two ways to be endemic. Alps and Apennines are different functional refugia during climatic cycles”, guidato da Leonardo Dapporto dell’università di Firenze e supportato, a fianco a quello delle Foreste casentinesi, da sette parchi nazionali dell’Italia centro-meridionale, è stato realizzato anche grazie ai dati raccolti da centinaia di cittadini (citizen science).

I risultati di questo lavoro sono destinati a cambiare completamente le strategie e le priorità di conservazione delle farfalle italiane.
Se guardiamo alla biodiversità apparente le Alpi sono la regione europea dove si trova il maggior numero di farfalle e molte specie vivono soltanto sulle praterie di alta quota. Ma le specie più preziose dell’area peninsulare e insulare non sono riconoscibili dall’occhio umano.

Il gruppo di ricercatori ha combinato circa 300.000 segnalazioni di 269 specie di farfalle ottenute da dati bibliografici e dalle piattaforme di citizen science con oltre 20.000 sequenze di DNA e si stima che circa un terzo delle specie esistenti sia apparentemente identico ad altre e quindi indistinguibile ai nostri occhi.
L’analisi ha mostrato che delle 69 farfalle endemiche che vivono in questa regione 35 sono riconducibili alle Alpi e ben 29 (un numero quasi equivalente) all’area peninsulare e insulare. Soltanto sette sono condivise. Ma se il 29% degli endemismi alpini è a noi invisibile, per il centro-sud questo numero sale al 71%.

Solo una parte piccolissima della diversità delle farfalle del centro sud è attualmente protetta e la maggior parte necessita di attività di monitoraggio e interventi di gestione. A questo scopo prezioso è il progetto Butterfly monitoring scheme (https://butterfly-monitoring.net/it/benvenuto).
Le specie di farfalle segnalate a oggi per il parco nazionale delle Foreste Casentinesi sono 105, un numero alto rispetto a quelle attese per la superficie dell’area, per la sua posizione e per la sua estensione altitudinale. Difficile pensare che molte altre specie potranno essere scoperte in future ricerche.

I dati raccolti dimostrano come le farfalle del Parco compongano una fauna molto diversificata nonostante la quasi totale assenza del vastissimo gruppo di specie orofile che popola l’orizzonte alpino dei principali rilievi italiani. L’elemento più caratterizzante delle aree di quota è sicuramente Parnassius mnemosyne, la cui presenza è ormai limitata a un numero ridottissimo di radure di crinale.

Il parco delle Foreste casentinesi ha investito risorse nello studio e nel monitoraggio delle farfalle in collaborazione con diversi enti che hanno prodotto, tra gli altri, ricerche con la tecnica di DNA-barcoding. Inevitabilmente queste attività si riflettono molto positivamente sui dati di presenza delle farfalle e il Parco è sicuramente in Italia tra quelli monitorati in modo migliore. La citizen science ha anche mostrato una buona accelerazione con circa 40 specie segnalate negli ultimi anni, rappresentando sicuramente una risorsa da sviluppare ulteriormente.

Se le specie limitate delle radure di crinale (Parnassius mnemosyne, Argynnis niobe, Aglais urticae, Erebia ligea) sono a più forte rischio di estinzione a causa del riscaldamento globale, la conferma della loro presenza è facilitata dalla brevità della stagione di volo e dalle loro concentrazione in ridotte aree di alta quota. Al contrario, confermare la presenza di importanti elementi di diversità di quote inferiori richiede ricerche più disperse nello spazio e nel corso dell’anno. Tra gli elementi che sarebbe importante confermare e monitorare ci sono le specie protette da direttiva habitat o della legge regionale 56/2000 note ognuna per pochissime stazioni: Zerynthia cassandra, Euphydryas aurinia, Hyponephele lupina, Iolana iolas. Di notevole interesse la presenza di Melitaea aurelia che al momento è tra le segnalazioni più meridionali di tutta la penisola italiana.

Data la grande disponibilità di dati di presenza il Parco può adesso muoversi verso l’attuazione di azioni di conservazione diretta su un limitato numero di specie, in modo da valutare l’entità delle popolazioni più a rischio e preservarle.
Tra queste sicuramente Parnassius mnemosyne e Zerynthia cassandra, inserite in direttiva habitat e non comuni nel Parco, la prima perché specie di radura di crinale e l’altra perché legata a piante ospiti in genere molto poco comuni. Le attività di ricerca generica dovrebbero essere limitate alla conferma della presenza delle poche specie apparentemente scomparse negli ultimi 10-20 anni.
Durante il 2021 verranno proseguite le attività di transetto estese anche ad altri impollinatori.

Questo permetterà di valutare attentamente quali siano le azioni di conservazione più adatte a salvaguardare la biodiversità delle farfalle, inclusa quella criptica (di specie diverse ma così simili tra loro da essere indistinguibili), come dimostra la presenza di diversi endemismi genetici riconosciuti soltanto quest’anno proprio dalla pubblicazione sovracitata.
“Le farfalle, oltre il complemento estetico e di serenità che conferiscono al paesaggio forestale, sono ottimi indicatori per la tutela dell’ambiente e della biodiversità perchè legano la loro presenza alle modifiche nella destinazione d’uso del suolo, alle immissioni di inquinanti, all’introduzione di specie animali e vegetali esotiche e ai cambiamenti climatici”. Luca Santini, presidente del Parco nazionale.

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