di Andrea Giustini
Ci siamo quasi. Ancora 6 giorni e finalmente, il 14 maggio, vedremo “giostrare” sulla “lizza” del Cinema Multisala Eden “Il Re delle Indie”, il docufilm sulla Giostra del Saracino di cui molto si è parlato in queste settimane. Riuscirà la pellicola a “marcare punti V” nel cuore del pubblico? Staremo a vedere. Nel frattempo si può dire che “i numeri” li ha marcati in biglietteria. Le prevendite per l’anteprima di questa domenica, alle 20:30, sono infatti andate a ruba, tanto che è stato deciso di programmare un altro spettacolo, alle 22:15.
Che significa però “docufilm sulla Giostra del Saracino”? Cosa è e di cosa parla esattamente il “Re delle Indie”? Se lo chiedono in molti. In giro si legge che il film racconta l’aspetto agonistico-sportivo della Giostra, in modo diverso da quello a cui siamo abituati. Che è incentrato sulla figura del “giostratore”. Che alterna interviste, storie e momenti diversi, prima e al di fuori della manifestazione, a riprese effettive in Piazza Grande. Una chiacchierata di ArezzoWeb Informa con Gaetano Maria Mastrocinque, regista e produttore del film, ha permesso di chiarire alcuni aspetti e di farne emergere altri, molto interessanti e inaspettati.
Questa pellicola da 75 minuti è anzitutto la prima “carriera” di un giovane artista che, per la prima volta, si è confrontato con il “buratto cinematografico” del lungometraggio. Cosa ha significato quindi la scrittura e la produzione del film “Il Re delle Indie”?
«Per un autore giovane come me realizzare per la prima volta un lungometraggio è stata un’opportunità importante, perché di solito non si riesce mai a evadere dal circuito del cortometraggio. Confrontarsi con una narrazione di 75 minuti è una grande opportunità formativa, sulla quale spero di proseguire. Le difficoltà naturalmente sono state diverse: la prima riuscire a gestire una narrazione che possa sostenere l’attenzione dello spettatore per un tempo lungo. La seconda trovare mezzi e risorse per affrontare la produzione in ogni parte: pre-produzione, con la scrittura, produzione, con le riprese, e post-produzione, con la sala di montaggio e l’aggiunta di colori e musiche».
Un’opportunità e al contempo una difficoltà che si è fatta sentire in tutta la sua importanza durante il processo creativo. “Difficilissimo”, ha raccontato Mastrocinque, “tanto che ho quasi rischiato di diventarci matto” ha poi scherzato. Però fino a un certo punto. Poiché quel che bisogna inquadrare bene è che, pur essendoci parti di “sceneggiato”, questo non è un film di finzione. Le idee al suo concepimento, le scelte nella narrazione, e la trama stessa hanno dovuto fare i conti con la realtà, con ciò che effettivamente avveniva in Piazza durante le due edizioni della Giostra su cui è basato.
«Il lavoro importante di sceneggiatura e scrittura è stato fatto in fase di avvio del film. Era stato stabilito che almeno nei primi 15 minuti dovesse avere un certo taglio, cosa rispettata. Dopo di ché però è entrata in scena l’imprevedibilità della realtà. Non sapevamo in anticipo cosa sarebbe successo durante la Giostra, chi avrebbe vinto. Abbiamo dovuto scervellarci per capire come gestirlo nella narrazione. Ci sono state quindi varie versioni di questo film. Ma a un certo punto devi prendere coraggio e imboccare una strada, ed io, nel dubbio, alla fine ho fatto una scelta di carattere classico. La trama è quindi quella di una sfida».
E come si svolge la trama di questa sfida?
«Il problema del linguaggio cinematografico è la ripetibilità dei concetti. Nella Giostra, essendo un meccanismo basato su round, le carriere, l’aspetto della ripetibilità è al massimo livello. Il Palio per esempio a livello audio-visivo è più facilmente raccontabile perché è un po’ come la formula uno. La Giostra invece è più complessa, con i due fantini, i punteggi, gli spareggi. E’ più simile a un incontro di boxe. Come è stata raccontata quindi? Essendo incentrato sulla sfida, a un certo punto del film questa arriva, quindi l’autore ha predisposto ogni cosa per mostrare infine allo spettatore chi vince. Naturalmente per i dettagli specifici della trama è necessario vedere il film».
E’ noto però che nel film è il giostratore a farla da protagonista e che Martino Gianni ha un ruolo importante come narratore.
«Si. C’è una scena dove ci soffermiamo sulla Giostra straordinaria del 1984 a cui partecipò il Presidente della Repubblica Sandro Pertini, vinta da Martino Gianni. E’ una scena importante all’interno del film perché Martino racconta di come, in qualità di giostratore, hai su di te la responsabilità di rappresentare un intero popolo. Quel 29 settembre tutti lo prendevano e gli dicevano “oh mi raccomando fallo per me”, interfacciandosi direttamente con lui. Se facciamo un raffronto con quanto succede nel mondo del calcio, il calciatore è visto come un divo, quasi inarrivabile, invece il rapporto di Martino Gianni, colui che poi verrà soprannominato “Re della Piazza”, era molto più terra a terra. Attraverso l’escamotage della Giostra del Presidente, affrontiamo così il rapporto fra giostratore e tifoso quartierista».
Questo rapporto però nonché la stessa caratterizzazione dei personaggi, prende forma all’interno del film anche grazie all’impiego di materiale di repertorio importante, frutto di ricerche condotte su articoli di giornale dell’epoca, annali e archivi.
«Il materiale di repertorio è importante, scelto non a caso per raccontare l’epopea agonistica dei protagonisti, in particolare di Martino Gianni. Abbiamo consultato annali, estratti di giornale, schede, copie cartacee ecc., per trovare dettagli interessanti da valorizzare nel film. Purtroppo però è stato come un campo minato. Molte copie di giornale sono manomesse. Nella ricerca sulla Giostra di Pertini, ad esempio, mi sono imbattuto in diverse pagine strappate o ritagliate, all’indomani dell’edizione straordinaria».
Ma essendo quindi un film sulla figura del giostratore, perché questo titolo, “Il Re delle Indie”?
«Diciamo che l’idea è ambivalente. Nel titolo da una una parte c’è il richiamo per il pubblico aretino e dall’altra l’alone di mistero per quello internazionale: chi è questo Re delle Indie? L’espressione poi evoca un fascino estetico particolare, rimandando al cavalleresco, al medievale, al crociato. Infine c’è la questione del “Re”: chi vince il “Re delle Indie” diventa in un certo senso il “Re della Piazza”, come veniva chiamato Martino Gianni. L’espressione quindi racchiude in toto il senso del film».
Sono stati impiegati circa 18 brani, si può dire quindi che la musica abbia un ruolo importante in questa pellicola?
«Decisamente. La premessa artistica su cui sono sempre rimasto fermo era quella di ottenere una colonna sonora in contrasto all’ambientazione del film. Il racconto, dove si rimanda al medioevo, al senso d’onore, al buratto ecc., inviterebbe a un rapporto classico con la musica, con musiche e suoni adeguati al periodo. Invece io ho spinto affinché nel film ci fossero musiche contemporanee che andassero a spezzare completamente questo linguaggio, per creare un contrasto. Potrebbe sembrare una contraddizione. In realtà è un modo per far entrare meglio lo spettatore nelle dinamiche del film, poiché la musica è un’espressione artistica diretta, il cui messaggio arriva lo stesso, anche se lo ignori».
«Per la maggiore il lavoro musicale è stato affidato a Marco Lazzari che ha realizzato 13 brani più il trailer. Poi vi è stato l’intervento di Marco Sassoli, con 5 brani di sole percussioni e batteria. Infine nel film ci sono una canzone dei Miguel y la Muerte, gruppo aretino rock-blues, e una strumentale di un altro artista locale».
I posti per i due spettacoli in programma per le 20:30 di domenica 14 maggio al Cinema Eden sono esauriti. Sono disponibili invece ancora 73 posti per lo spettacolo successivo delle 22:15. Le prevendite dei biglietti possono essere acquistate online sul sito del Cinema Multisala Eden.