venerdì, Novembre 22, 2024

La misura scientifica dei benefici del “Foreste bathing” nelle Foreste casentinesi

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“La Grande Via” – l’associazione fondata dall’epidemiologo Franco Berrino e dalla giornalista Enrica Bortolazzi – e il parco nazionale Foreste casentinesi, Monte Falterona e Campigna, durante il live “Il potere delle Foreste” di giovedì 18 febbraio, hanno presentato “La Via delle Foreste” ( https://youtu.be/2O-RAilG30U)

Sarà il primo studio scientifico esperienziale italiano di terapia forestale e prenderà avvio il 9 maggio nell’area protetta.

Le Foreste casentinesi sono state oggetto di pellegrinaggi, suggestionando nei secoli santi, scrittori e artisti che le hanno elette a loro luogo di meditazione. Ad oggi sono Patrimonio dell’Umanità UNESCO e sito di eremitaggio e spiritualità.

Da queste suggestioni nasce La via delle foreste. Il ritiro di uno o più giorni che consentirà ai partecipanti di sperimentare il risveglio dei sensi attraverso il contatto con la natura, l’alimentazione, il movimento e la meditazione.

Con la supervisione e il monitoraggio di medici, guide forestali ed esperti professionisti della nutrizione, del movimento consapevole e della ricerca interiore, i gruppi saranno guidati nella via terapeutica delle foreste tramite un programma di attività sensoriali: dalle camminate alla contemplazione dei frattali, dall’ascolto degli elementi come acqua e vento alla cucina macro-mediterranea, dalla composizione floreale alla conoscenza degli olii essenziali. L’esperienza si svilupperà sino a settembre.

Nelle parole del dott. Franco Berrino, già direttore del dipartimento di Medicina preventiva e predittiva dell’Istituto tumori di Milano, ecco le premesse dello studio scientifico che sta per prendere le mosse nel Parco nazionale.”È noto che gli alberi comunicano fra loro, con i microbi e i funghi che assistono le loro radici, con gli insetti utili e dannosi, con i grandi animali che se ne nutrono; è anche noto che noi uomini possiamo dare messaggi alle piante, che se amate crescono meglio.

Pare logico quindi anche ipotizzare che le piante possano inviare messaggi all’uomo. È quello che ha fatto la medicina giapponese da decenni, constatando che quando le persone passano alcune ore in un ambiente con una grande concentrazione di alberi (foreste, parchi) si riduce il loro stato di stress, di ansia e di depressione, documentato da una diminuzione dei livelli plasmatici o salivari del cortisolo, dalla riduzione della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, e dall’aumento della variabilità del ritmo cardiaco, un indicatore prezioso di salute; è stata inoltre riscontrata una diminuzione dello stato infiammatorio cronico.

Sono sufficienti anche brevi periodi di cammino in foresta, dell’ordine di mezz’ora-un’ora, per riscontrare effetti fisiologici, ed è logico ipotizzare che periodi più lunghi abbiano un impatto significativo sul rischio di sviluppare o dell’aggravarsi di patologie croniche. Grandi studi epidemiologici hanno coerentemente riscontrato che chi abita in aree ricche di alberi ha una mortalità significativamente ridotta rispetto a chi vive in aree più cementificate. La differenza è verosimilmente dovuta al minor inquinamento atmosferico, alla maggiore comodità di praticare esercizio fisico, ma anche alla bellezza e al silenzio, che conferiscono al sistema nervoso autonomo una maggiore capacità di gestire lo stress”.

“Foreste come quelle del Parco nazionale sono ormai universalmente riconosciute dal mondo scientifico come sistemi adattativi a complessità progressiva. Perché una foresta possa compiutamente svolgere tutte le sue interconnesse funzioni è necessario che siano assicurati spazi ed intervalli di tempo estesi, che tengano anche conto della difficoltà per l’uomo di concepire e rispettare cicli di vita enormemente più lunghi dei suoi. Il Parco nazionale, con le sue foreste di valore inestimabile, rappresenta il laboratorio ideale per la ricerca scientifica che andiamo a sviluppare con l’associazione ‘La Grande Via”, commenta Alessandro Bottacci, direttore del Parco nazionale.

“Gli esiti di questa ambiziosa sperimentazione, che mira a quantificare con parametri medici il beneficio dell’immersione in foresta, potranno andare ad ampliare ulteriormente il novero delle funzioni riconosciute agli ecosistemi forestali complessi, per superare una ormai anacronistica dicotomia tra conservazione e sviluppo. La sanità pubblica grava in percentuali che variano tra l’80 e il 90% sui bilanci regionali e la frequentazione di questi luoghi garantirebbe ricadute su quella voce di spesa e un ulteriore importante incremento di molte forme di accoglienza turistica. Come se non bastasse le nostre straordinarie foreste contribuiscono alla tutela della biodiversità, svolgono un ruolo fondamentale nel ciclo delle acque, garantiscono la difesa da frane e erosioni, e si prendono carico dell’assorbimento di tonnellate di carbonio. Basti pensare che recenti stime fissano l’assorbimento annuale da parte di un faggio vetusto come l’equivalente, nello stesso arco temporale, di sette automobili”, aggiunge Luca Santini, presidente del Parco nazionale.

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