domenica, Dicembre 22, 2024

Troppi incidenti in montagna: le considerazioni di un Accompagnatore di Media Montagna

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Alla Redazione di ArezzoWeb Informa scrivono anche lettori da molto lontano. Paolo De Luca vive a Pietracamela, un piccolo borgo situato sul versante orientale del Gran Sasso d’Italia, in provincia di Teramo (Abruzzo). Ha contattato il giornale dopo aver letto l’articolo Turisti incapaci da soccorrere in vetta, Zaia si arrabbia: “Ora basta”. A riguardo ha voluto fornire alcune interessanti considerazioni, che il quotidiano ha deciso di pubblicare.

«Personalmente sono convinto che gli appelli alla prudenza non vengono rispettati da chi frequenta la montagna in qualsiasi periodo dell’anno. A mio avviso si deve creare un deterrente per scoraggiare chi si avventura in quota senza la necessaria preparazione fisica tecnica e mentale con l’obiettivo di salvare giovani vite umane. Da più fronti si invoca una legge in grado di arginare l’impennata degli incidenti in montagna. Attualmente, infatti, non esiste una normativa con regole specifiche per la sicurezza dell’alpinista, dell’escursionista, dello scialpinista, del ciaspolatore, del cercatore di funghi e più precisamente per chi pratica  sport di avventura.

A mio avviso, si potrebbe modificare il decreto legislativo n. 40 del 28 febbraio 2021 in materia di sicurezza nelle discipline sportive invernali estendendolo anche all’alpinismo, all’escursionismo, allo scialpinismo al torrentismo. Così come nell’attuale decreto legislativo si stabiliscono precise regole sulle piste da sci, anche nel caso di escursioni e arrampicate in montagna è necessario fissare regole più stringenti. Una soluzione potrebbe essere quella di stipulare una polizza assicurativa per le attività sportive: credo ci siano formule che coprono escursioni impegnative, discese fuori dalle piste battute e probabilmente anche salite su vie ferrate (sicuramente non arrampicate di alto livello).

Nella maggior parte dei Paesi europei è prevista un’assicurazione per questo genere di attività: con circa 50 euro l’anno si è coperti in caso di infortunio. Un valido deterrente sarebbe quello di far pagare per intero al cittadino imprudente in emergenza le costose operazioni di salvataggio in montagna, comprese quelle effettuate sulle piste da sci, perché la comunità non può e non deve più farsi carico delle leggerezze degli irresponsabili. Per riflettere, basti pensare che un minuto di volo di un elicottero medicalizzato del servizio di emergenza 118  può arrivare a costare 300 euro; cifre inferiori ma di tutto rispetto, per le operazioni di soccorso con elicottero pubblico non medicalizzato o a piedi.

In Austria, Francia, Svizzera e Slovenia, che dal confine Italiano distano pochi chilometri in linea d’aria, il costo del soccorso in montagna è a totale carico del cittadino in emergenza. Così facendo si cerca di responsabilizzare coloro che decidono di avventurarsi in montagna senza una preliminare valutazione del percorso e delle proprie capacità. E’ solo in questo modo che gli incidenti in montagna potranno diminuire e tante giovani vite umane potranno essere risparmiate; il tutto accompagnato, ovviamente, da un risparmio di soldi pubblici che potrebbero essere investiti nell’acquisto di nuove apparecchiature elettromedicali da destinare agli ospedali italiani.

Non nascondo una particolare sensibilità a questi temi: in parte legata alla mia esperienza come Maestro di Sci e Accompagnatore di media Montagna; in parte, o forse soprattutto, legata al fatto che a mio padre fu negata l’eliambulanza del 118 per il suo trasferimento da un ospedale ad un altro e non gli furono somministrati farmaci perché l’ospedale, dove era ricoverato, ne era privo.

Confido che la Vostra testata giornalistica possa dare eco al tema per creare maggiore sensibilizzazione a questo importante argomento».

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