venerdì, Novembre 22, 2024

Tutti pronti a manifestare ma al liceo di Firenze non c’è stata alcuna “aggressione squadrista”

I PIU' LETTI

di Andrea Giustini

A Firenze sono tutti pronti. Questo sabato 4 marzo sindacati, federazioni nazionali scolastiche, fino a studenti, civili, e a tutto un carrozzone di personaggi e politici prontissimi a mettersi in mostra, scenderanno in piazza per condannare le violenze verificatesi di fronte al Liceo Michelangiolo. Per gridare, come ripetono a destra e soprattutto a manca, un forte “No” a quella che chiamano “violenza squadrista, oltre che per “ribadire e difendere i valori della Costituzione Italiana”.

Anche Elly Schlein, la neo eletta segretario del Partito Democratico, parteciperà alla marcia: sarà di fatto la sua prima uscita pubblica. E come lei anche il leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ha fatto sapere che non mancherà.

Tutto molto struggente. C’è solo un piccolo quanto fondamentale dettaglio da notare. La premessa su cui si basa l’intero evento è falsa: quello di sabato 18 febbraio al Liceo Michelangiolo di Firenze non è stato minimamente un attacco squadrista

Si ricostruirà qui quanto successo a Firenze, aggiungendo dettagli per la maggiore omessi dalla stragrande maggioranza dei media; si riporterà il contenuto esatto del volantino che quel giorno stava venendo i distribuito da Azione Studentesca, e si mostrerà cosa realmente è lo squadrismo, nella speranza che in particolare la preside Annalisa Savino legga questo articolo e qualcosa impari.

 

Cosa è successo sabato 18 febbraio al Michelangiolo

Secondo quanto fatto circolare da praticamente tutti i mezzi di informazione, lo scorso sabato 18 febbraio, di fronte al Liceo Michelangiolo di Firenze, 2 studenti sarebbero rimasti vittime di “un’aggressione squadrista” da parte di 6 ragazzi di Azione Studentesca, di cui il più giovane avrebbe 17 anni mentre il più grande 20.

Il primo problema è che la dinamica dei fatti non è stata raccontata in modo completo e obiettivo. Si è marciato in quinta verso un’unica direzione, facendo diventare in automatico “verità” quanto riportato solo dagli “aggrediti”, ed utilizzando una terminologia forte quale “aggressione squadrista”, “attacco di stampo neofascista” e simili. 

Quella mattina, secondo gli studenti, 2 ragazzi di Azione Studentesca stavano facendo volantinaggio di fronte alla scuola (attività che, stando alle indagini, non era stata annunciata e che quindi esporrebbe i giovani del movimento al reato di manifestazione senza preavviso). Per motivi non specificati ci sarebbe stato un diverbio e i due liceali avrebbero deciso di andargli incontro con un cestino. A quel punto i due di Azione Studentesca avrebbero iniziato a spingerli e, giunti in rinforzo gli altri 4 appartenenti al movimento di destra, li avrebbero infine presi a calci e pugni. Com’è noto, esistono alcuni video che tuttavia mostrano solo parzialmente i fatti, essendo stati girati a pestaggio già iniziato. Eppure non c’è stato nessun approfondimento. Non sono stati interpellati i ragazzi di Azione Studentesca né è stato dato spazio ad altri dettagli.

Il secondo problema è che alcuni giorni dopo un professore della scuola ha disconfermato in toto la versione fornita dagli “aggrediti”, restituendone un’altra molto diversa, in cui sono stati questi ultimi, che non erano semplici studenti ma appartenenti al collettivo di sinistra Studenti Uniti Michelangiolo (Sum), non solo a dare origine alla rissa ma a porsi in primis in modo violento: a partire dalle parole. 

La testimonianza del professore in questione è stata pubblicata inizialmente su La Nazione e poi ripresa da alcuni media fino al programma Mediaset Quarta Repubblica, che gli ha dedicato un servizio durante la puntata dello scorso 28 febbraio. Il docente del Michelangiolo ha raccontato che gli studenti del collettivo avrebbero iniziato a offendere i ragazzi di Azione Studentesca intonando tutta una serie di cori: come “Fascisti carogne tornate nelle fogne”, oppure come “fascisti appesi, Loreto ce la insegnato uccidere un fascista non è un reato”. Dopo di ché, secondo il docente, gli studenti gli sarebbero passati all’azione, andandogli incontro, stracciandogli i volantini ed iniziando a spintonarli. E’ a quel punto è partita la rissa. 

La realtà sarebbe quindi il contrario di quella raccontata a livello nazionale. Alcuni studenti molto avversi ideologicamente ad Azione Studentesca, avrebbero prima offeso i giovani del movimento e poi cercato di impedirgli l’attività di volantinaggio, stracciandogli il materiale. L’avversione ed il tentativo di impedirne la propaganda di idee avrebbero portato i due studenti del Liceo Michelangiolo a mettere le mani addosso ai ragazzi di destra, con spintoni, provocando così la loro reazione.

 

Il volantino di Azione Studentesca

Si potrebbe pensare: “Magari i ragazzi di Azione Studentesca non hanno iniziato, ok. Però facevano propaganda fascista”. Anche questo alla luce dei fatti risulta falso. Cosa stava distribuendo quella mattina Azione Studentesca? E’ un altro aspetto su cui la stragrande maggioranza dei mezzi di informazione e di chi oggi sbraita, pronto a manifestare, ha sorvolato. Ecco il volantino che quel 18 febbraio veniva dato.

Il volantino distribuito di fronte al Liceo Michelangiolo di Firenze

Non vi è traccia di alcun contenuto fascista.

 

Le violenze dei collettivi di sinistra

E’ importante soffermarsi sulla politicizzazione all’interno del Liceo Michelangiolo e sulle violenze degli studenti dei collettivi di sinistra. Il professore della scuola che ha testimoniato sui fatti, è voluto rimanere anonimo. Questo perché, parole sue, “il clima è molto politicizzato in quella scuola”. Nel servizio andato in onda su Quarta Repubblica il docente ha motivato anche meglio la sua scelta: 

Non mi voglio esporre, attirerei la rabbia, l’antipatia di una buona parte dei miei colleghi e anche dei ragazzi dei collettivi. In passato io posso ricordare episodi che sicuramente non vanno nella direzione del pluralismo”.

Sempre a Quarta Repubblica è stato intervistato l’ex preside del Liceo Michelangiolo, Massimo Primerano, in carica dal 2005 al 2012, il quale ha raccontato quello che subì proprio per essersi “esposto” in qualche modo. Anni fa i collettivi di sinistra fecero un’occupazione della scuola, sbarrando tutte le entrate dell’edificio. Il preside, in ottemperamento delle sue funzioni, decise di denunciare alcuni di questi studenti per interruzione di pubblico servizio. Il risultato furono scritte sui muri della scuola, minacce come “Primerano fascista sei il primo della lista“, e la carrozzeria del proprio scooter sfasciata. Come lui stesso sottolinea nel servizio, nessuno in quell’occasione ne parlò o si prodigò di esprimergli solidarietà: non lo difese nessuno.

Ma per rendersi conto della politicizzazione, del tasso di ideologizzazione tossica e della violenza, basta guardare a quanto successo alla prima manifestazione “antifascista” organizzata il 21 febbraio, subito dopo le violenze al liceo Michelangiolo. In un contesto privo di elementi disturbatori o antagonisti, i manifestanti dei collettivi hanno:

  • lanciato petardi e bottiglie contro la Polizia ed intonato cori contro questa;
  • esposto bandiere della ex Jugoslavia;
  • intonato cori inneggianti a Tito e alle foibe (“viva le foibe”);
  • altri cori violenti contro presunti fascisti (“i covi fascisti si chiudono col fuoco”)
  • minacciato di morte Meloni (“Meloni prima della lista”) e il ministro dell’Istruzione Valditara (“Valditara appeso”).

Un simile comportamento ha destato lo sdegno di Giampaolo Giannelli, coordinatore toscano Unione degli Istriani, del Sindacato di Polizia Sap, ma anche dello stesso Partito Democratico fiorentino:

Come gruppo Pd – ha dichiarato Nicola Armentano, capogruppo a Palazzo Vecchio – non possiamo che dissociarci e stigmatizzare nettamente certi atteggiamenti, da cori a bandiere, perché non era questo e non doveva essere questo lo spirito e l’obiettivo della manifestazione. Da attacchi e strumentalizzazioni che nulla c’entravano prendiamo le distanze e non ci stiamo a vedere tirate in ballo in questi contesti anche pagine buie della nostra storia

Fino a Carlo Calenda che guardando i video di quanto avvenuto a Campo di Marte scorsa settimana ha twittato: Fasciocomunisti. Che schifo di cori. Vergogna. Non siete diversi da Casapound e Forza Nuova”. Tutte cose e dettagli passati in sordina nella stragrande maggioranza dei mezzi di informazione, soprattutto fra quelli principali.

 

La lettera della Preside Annalisa Savino

La circolare/lettera che la preside Annalisa Savino ha scritto, diventata virale social, è un altro aspetto della “vicenda Michelangiolo” importante, che permette di capire quanta confusione, irrazionalità e, aimé propaganda ci sia di mezzo. 

Sfatiamo intanto il mito su cui molti sono cascati: Annalisa Savino non è preside del Liceo Michelangiolo, ma di un altro liceo fiorentino, il Leonardo da Vinci. Ciò significa che né lei né il suo istituto hanno a che vedere con le violenze verificatesi. Sin dalla pubblicazione della sua circolare, lo scorso 21 febbraio, sui social tramite immagini, e sui giornali tramite titoli e narrazioni, è stata fatta passare l’idea falsa che la Savino fosse la preside del Liceo Michelangiolo. Un esempio può essere questo articolo di Open, dal titolo: “Anche i docenti universitari stanno con la preside del Liceo Michelangelo di Firenze: La sua non è politicizzazione”.

La vera preside del Liceo Michelangiolo è Rita Gaeta. Il 20 febbraio scorso, sul sito del suo istituto, ha pubblicato una dichiarazione ufficiale dove vengono condannate le violenze con fermezza ma dove non si parla né di “fascismo” né di squadrismo.

L’altro mito da sfatare è che la lettera della preside Savino non abbia intento, contenuto significato o riferimento politico. Ce lo ha ed è pure piuttosto evidente. Dovrebbe essere superfluo fare questo passaggio, ma il tasso di odio circolato sui social e il grado di negazionismo dell’evidenza lo impongono. Guardiamo quindi in concreto cosa la preside del liceo ha scritto. Verranno riportate solo le affermazioni importanti, ripulite dalla retorica, illuminando i concetti da lei espressi e le inferenze logiche.

  • Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone ma ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici lasciata a sé stessa da passanti indifferenti;
  • E’ in momenti come quello attuale che nella storia i totalitarismi hanno preso piede;
  • Chi decanta il valore delle frontiere, chi onora il sangue degli avi in contrapposizione ai diversi, continuando ad alzare muri, va lasciato solo, chiamato con il suo nome, combattuto con le idee e con la cultura. Senza illudersi che questo disgustoso rigurgito passi da sé.

La prima frase è per lo più retorica. Non spiega davvero cosa sia il fascismo o come sia nato e non ha alcun valore storico-fattuale. E’ importante però perché è da qui che la preside parla appunto di “fascismo”: abbiamo un preside, cioè un’autorità pubblica, che spinge i propri studenti a interpretare come fascismo o come sintomo di un pericolo fascista all’orizzonte quanto avvenuto di fronte ad una scuola. Alla luce di quanto ricostruito precedentemente, e del contenuto dei volantini che Azione Studentesca stava spargendo che vedremo a breve, quella della Savino risulta un’interpretazione priva di fondamento, che spinge a una visione non obiettiva ma ideologica dei fatti.

La seconda frase ha chiaramente un significato politico, anche se non del tutto esplicitato. Per la preside l’attuale momento storico ha quindi qualcosa di negativo, che non va. E in quale momento storico siamo adesso? C’è Giorgia Meloni al Governo. Per la prima volta nella storia italiana un Governo non di “centro destra” ma di “destra” piena si trova al potere, ed è il risultato anche e soprattutto della sfiducia delle persone nei partiti più consolidati, come il PD. Guarda caso Fratelli d’Italia viene narrato in modo denigratorio dagli avversari politici di sinistra come partito neofascista.

La terza frase è chiaramente politica e purtroppo grave, sotto più punti di vista. Non c’è bisogno di nessuna analisi per comprendere che “Il valore delle frontiere”, “i muri contro i diversi”, “il sangue degli avi”, rimandano palesemente a posizioni politiche di destra, condivise e mandate avanti dall’attuale Governo italiano e da praticamente tutti gli attuali partiti conservatori. Rimandano al sovranismo, al nazionalismo, alle politiche sui migranti, a quelle sull’Unione Europea, e via dicendo. E anche quel termine, “diversi”, non è politicamente neutro, poiché afferente al linguaggio ideologico utilizzato da tutti i partiti e movimenti di sinistra: in riferimento ai migranti, agli LGBT, alle minoranze in generale. La cosa veramente grave è che la preside, letteralmente in spregio a quello che dovrebbe essere il suo ruolo educativo, narra quelle posizioni come sinonimo di fascismo, quando non lo sono affatto, tanto da spingere gli studenti a “chiamare col proprio nome”, cioè “fascista”, chi le sponsorizzi, e isolandolo tra l’altro dagli altri. La Savino finisce poi il suo discorso sostenendo che “il disgustoso rigurgito” attuale, evidentemente fascista, non passa da solo. Viene da sé che se quelle posizioni politiche sono fascismo, il “rigurgito” non può che riferirsi a tutta la destra che le manifesta, quindi anche, e probabilmente soprattutto, a quella attualmente al Governo.

 

Le parole del Ministro Valditara

Un’altra delle false idee che sono state fatte passare, usata per rafforzare la narrazione di pericolo fascista, è che la preside Savino fosse stata “attaccata” dal Governo tramite il Ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara. La realtà è che la stragrande maggioranza dei media ha usato parole fuorvianti nei titoli di giornale, ha riportato solo parzialmente le parole del Ministro e, soprattutto, ha omesso il contesto.

Non c’è stato alcun “attacco”, né da parte del Governo né da parte di Valditara”. Il Ministro è intervenuto sulla questione Savino su richiesta dei giornalisti di Mattino 5, che gli hanno letto per la prima volta alcune parti della lettera in diretta. I giornalisti lo avevano interpellato perché, come già mostrato, alla manifestazione del 21 febbraio organizzata dai collettivi, gli erano state fatte diverse minacce di morte. Si riportano qui le parti principali dell’intervista:

“In queste ore – hanno chiesto i giornalisti – lei è stato oggetto di minacce di morte, fatte nel corso di una manifestazione presunta antifascista che seguiva i fatti della rissa di fronte al Liceo di Firenze. Una minaccia è che la vogliono vedere a testa in giù. La preoccupano?”

Personalmente no – ha risposto in diretta Valditara – ma ritengo che si stia creando un brutto clima. Penso che occorra veramente abbassare i toni della polemica. […] Mi aspetto solidarietà dall’opposizione per queste deliranti minacce“.

Dopo la lettura da parte del giornale delle parti della lettera di Savino, sottolineando che c’era un riferimento politico alle posizioni del Governo, Valditara ha risposto con le frasi, piuttosto banali e ovvie, che sono poi rimbalzate ovunque in modo negativo.

E’ una lettera impropria. Non compete a una preside, nelle sue funzioni, lanciare messaggi di questo tipo. E poi il contenuto non ha nulla a che vedere con la realtà dei fatti. In Italia non c’è pericolo fascista, né una deriva violenta e autoritaria. Difendere le frontiere e ricordare l’identità di un popolo, non ha nulla a che vedere con il fascismo, o peggio con il nazismo“.

Non voglio creare martiri queste iniziative sono strumentali ed esprimono una politicizzazione che auspico non abbia un ruolo nelle scuole. Poi, se questi atteggiamenti dovessero persistere con comportamenti che vanno al di là dei confini istituzionali, vedremo se sarà necessario prendere delle misure. Attualmente non è necessario intervenire. Di queste lettere ridicole non so che farmene, sono propaganda

Per visionare l’intervista completa qui.

Risultano completamente mistificatorie e istiganti all’odio le ricostruzioni di un Valditara che avrebbe “minacciato” la preside Savino, come ad esempio questa di “Priorità alla Scuola” riportata da Il Manifesto, o come questa fatta dal noto giornalista aretino Andrea Scanzi.

 

Cosa è lo squadrismo

Lo squadrismo è un fenomeno complesso che ha riguardato circa 4 anni della storia del fascismo a partire dal 1919. Per comprendere concretamente di cosa parliamo, si riporta un esempio reale fra i più importanti: quanto successe a Milano il 19 aprile 1919, ovvero durante il primo atto di squadrismo della storia, che portò alla devastazione della sede di “Avanti!”, storico giornale socialista. Si riprende direttamente quanto scritto in “Fascismo: anno zero”, libro del professore e noto studioso del fascismo Mimmo Franzinelli

Il contesto di quel giorno: c’era stato un comizio del socialista all’Arena Civica. Finito l’evento i partecipanti, a cui nel frattempo si era unita una massa di giovani anarchici, iniziarono un corteo non autorizzato che si muoveva verso il Duomo. Sventolavano bandiere rosse e nere, toglievano il tricolore italiano dai balconi degli edifici di via Dante, inneggiavano ai “soviet” e impugnavano bastoni e revolver. 

«I manifestanti vorrebbero regolare i conti con nazionalisti, fascisti e arditi riunitisi in centro e rafforzati da centinaia di studenti del Politecnico. Mentre giunge l’eco di “bandiera rossa” in piazza Duomo, Alceste De Ambris esorta la forza pubblica a consentire “la manifestazione patriottica”, poi Enzo Ferrari e Ferruccio Vecchi incitano a innalzare il tricolore e ad opporsi a chi ieri sabotò la guerra e oggi disconosce i diritti internazionali dell’Italia (i socialisti). Verso le 17.30 i due cortei si scontrano nell’area di piazza dei Mercati. Ad avere la peggio sono socialisti e anarchici: inferiori numericamente e male armati, lasciano sul selciato l’operaia cucitrice diciannovenne Teresa Galli, colpita da un proiettile alla nuca; restano ferite seriamente una trentina di persone della Milano popolare (erano cioccolataio, cucitrice, parrucchiere, meccanico, ferroviere, falegname, fabbro, commerciante, vetraio, fattorino, impiegato…).

Eccitati dalla vittoria, fascisti e Arditi, ufficiali e curiosi, s’inquadrano militarmente dietro le bandiere neroteschiate, al grido ritmato “all’Avanti! all’Avanti!”. La partecipazione di militari in divisa caratterizza la spedizione contro la cittadella rossa. Secondo il prefetto, al corteo si uniscono molti cittadini: “nel percorso la folla era andata a grado a grado ingrossandosi straordinariamente e la popolazione eccitava con ‘evviva’ e manifestazioni di plauso il gruppo di circa 1500 ufficiali e soldati che precedeva la colonna”. In prima fila l’esagitato capitano Vecchi indica il cammino alzando la pistola. Il palazzo dell’Avanti, in via San Damiano 16, è protetto da un centinaio di militari, carabinieri e guardie di Pubblica Sicurezza. Vi sono asserragliate una quindicina di persone fra redattori del giornale e guardie rosse. Una revolverata esplosa dall’edificio colpisce alla nuca il fante trentaduenne Martino Speroni, esasperando gli assedianti, che iniziano una fitta sparatoria e travolgono il cordone difensivo. Qualche ardimentoso entra dal tetto, altri scalano i balconi per poi discendere al piano terra e spalancare il portone, consentendo l’irruzione a decine di scalmanati. Dall’edificio è un fuggi fuggi precipitoso: chi salta dalle finestre, chi dalla porta sul retro, chi attraverso i tetti…Nell’assalto vengono uccisi due socialisti: il diciannovenne soldato in congedo Pietro Bagni e il garzone sedicenne Giuseppe Luccioni.

Il questore annota in tempo reale la cronaca delle distruzioni: “ora i nazionalisti stanno mettendo a soqquadro la direzione del giornale ‘Avanti’. Truppa e forza presenti tentano invano di agire. Situazione si fa sempre più grave per ripercussioni successive qui e per tutta Italia”. Edmondo Mazzuccato (divenuto tipografo in una stamperia anarchica) mostra come distruggere le macchine: avviate le rotative, vi si inserisce una sbarra di ferro. La cassaforte vola dal secondo piano e si schianta sulla strada, dove si cerca di forzarla, per indennizzare i familiari di Speroni. Gli squadristi vorrebbero linciare due redattori, Carlo Dionisio e Romeo Sainaghi, per complicità con l’ignoto sparatore: i carabinieri li salvano arrestandoli. In mezz’ora di lavoro indiavolato, vengono fracassati gli arredi della redazione e i macchinari della stamperia: “scansie, ritratti, tavoli, annate del giornale e ogni sorta di materiale redazionale venivano calati dalle finestre superiori sulla strada e, da questa, gettati nel naviglio che le correva accanto. Poltrone riccamente imbottite e rivestite di cuoio s’allontanavano dondolando sulla corrente, gonfie come animali annegati…Ogni devastatore affidava alle acque la sua vittima…Amilcare (il capitano Vecchi) calmo, dirigeva l’assedio della piazzaforte. Interrogato, abbracciato, applaudito, impartiva ordini con sicurezza.

– Capitano, i mobili?

– Giù i mobili!

– Capitano, i libri?

– Giù i libri!

– Capitano, le macchine?

– Giù le macchine!

– Capitano, l’incendio?

– Sì. L’incendio.

Una immensa colonna di fumo, lingueggiante di fiamme e stellata di faville, salì nel cielo d’aprile. Talvolta il vento la decapitava, la sbandava, ma le fiamme tenaci dell’edificio la nutrivano e la drizzavano nuovamente”.

I pompieri sono tenuti a distanza con le rivoltelle finché il palazzo è un rudere fumante. Compiuta l’impresa, alla 19.30 gli assalitori tornano in piazza Duomo per porvi l’insegna dell’Avanti, poi sfilano in via Paolo da Cannobio e acclamano il direttore de ‘Il Popolo d’Italia’ al ritornello “L’Avanti non c’è più!”.

Il bilancio della giornata è di 4 morti (tre socialisti e un soldato) e una quarantina di feriti ».

 

Considerazioni finali

Non c’era alcun motivo per parlare di “fascismo” o “aggressione squadrista” al Liceo Michelangelo di Firenze. L’uso di queste parole, come purtroppo troppo spesso avviene in contesto politico-comunicativo, è risultato superficiale, odioso e sconsiderato, poiché privo di qualsivoglia riflessione sulle sue conseguenze in termini sia percettivo-emotivi che culturali.

Cosa succede quando si convincono le persone che vi sia rischio fascismo? Succede che si materializza davvero il rischio della violenza. Cosa succede quando si sparge nei giovani e nella società tutta un uso scorretto di categorie linguistiche molto specifiche e storiche? Succede l’ignoranza. 

Il fascismo non è nato come vorrebbe quella retorica, superficiale e strappa likes sui social, con “l’indifferenza a un pestaggio per la strada”. E’ nato nel contesto di una gravissima situazione di guerra civile interna italiana, post Prima Guerra Mondiale e post Rivoluzione d’Ottobre in Russia, dove estremismo e violenza erano all’ordine del giorno, da parte di tutti. Paradossalmente i fascisti di allora si comportavano esattamente come oggi i collettivi di sinistra: convinti del pericolo di una rivoluzione autoritaria di stampo comunista in Italia, si sentivano legittimati ad usare tutti i mezzi a loro disposizione fino alla violenza per impedire che l’avversario parlasse, manifestasse, propagandasse idee, e facesse di fatto qualsiasi cosa. 

E’ esattamente quello che fanno oggi i collettivi di sinistra. Convinti, con ignoranza, pregiudizio e alle volte pure malafede, che vi sia un pericolo fascista in agguato, o che il politicamente diverso sia un fascista, oggi si permettono di strappare volantini, occupano scuole e università per impedire che certe persone parlino, e alle manifestazioni, forti del gruppo, esattamente come succedeva ai fascisti, si permettono di intonare minacce di morte secondo cui ad esempio uccidere quello che per loro, e sottolineiamo per loro, è un fascista, è legittimo: non è un reato.

La cosa che dovrebbe realmente far preoccupare non è una rissa sciocca fra ragazzetti estremisti, sia a destra che a sinistra, ma il fatto che gli sia stato montato tutto questo sopra, e che ciò sia avallato e spinto da una fetta importante della nostra società: dai giornali ai politici. Elly Schlein, prima di confermare la sua partecipazione alla manifestazione di sabato, ha apertamente parlato in Parlamento di “aggressione squadrista”, tra l’altro, in modo alquanto ironico alla luce di tutto questo, sostenendo la necessità di “chiamare le cose col proprio nome”.

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Un fiocco rosso per un mondo senza violenza è il progetto  dei Comuni di Capolona e di Subbiano  che ha coinvolto con un laboratorio didattico-culturale, realizzato da No Mad,  le classi terze della scuola media Garibaldi con l’obbiettivo di sensibilizzare gli studenti alla tematica della violenza di genere realizzando fiocchi rossi per essere applicati nei luoghi  pubblici dei due territori partendo dalle “Panchine Rosse” installate dai due Enti nelle piazze centrali dei rispettivi paesi. Paola Vignaroli, dirigente scolastica Istituto Comprensivo Garibaldi Capolona- Subbiano: “Sicuramente questi progetti di sensibilizzazione su tematiche così terribili che ci troviamo purtroppo ad affrontare ogni giorno […]

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