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Giorgio Agamben: “Una mostruosità giuridica chiamata Green Pass”

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di Stefano Pezzola

Intervento lucido ed ispirato quello del filosofo Giorgio Agamben giovedì 7 ottobre 2021 durante le audizioni in Commissione Affari costituzionali del Senato sul Decreto che prevede la estensione del Green Pass ai luoghi di lavoro.

Un Decreto che, come noto, verrà applicato dal 15 ottobre, ma che il Parlamento è chiamato a convertire in legge.

Quello lanciato da Giorgio Agamben è un appello ai parlamentari che non ha precedenti.

La discriminazione di una categoria di persone, che diventano automaticamente cittadini di serie B, è di per sé un fatto gravissimo, le cui conseguenze possono essere drammatiche per la vita democratica.

Lo si sta affrontando con cosiddetto green pass con inconsapevole leggerezza.

Ogni regime dispotico ha sempre operato attraverso pratiche di discriminazione, all’inizio magari contenute e poi dilaganti.

Non a caso in Cina dichiarano di voler continuare con tracciamenti e controlli anche al termine della pandemia.

Di seguito la trascrizione del discorso del prof. Agamben.

Vorrei soffermarmi solo su due questioni da portare all’attenzione dei parlamentari che dovranno votare la conversione in legge del decreto legge sul green pass.

Il primo è l’evidente contraddittorietà del decreto in questione.

Voi sapete che il Governo grazie ad un decreto è esentato da ogni responsabilità per i danni prodotti dal vaccino.

E quanto gravi possano essere questi danni risulta dal fatto che l’articolo 3 dello stesso decreto menziona esplicitamente gli articoli 589 e 590 del codice penale, che si riferiscono all’omicidio colposo e alle lesioni colpose.

Come autorevoli giuristi hanno notato, significa che lo Stato non si sente di assumersi la responsabilità su un vaccino che non ha terminato la sua fase di sperimentazione.

E tuttavia allo stesso tempo cerca di costringere con ogni mezzo i cittadini a vaccinarsi escludendoli altrimenti dalla vita sociale e ora, col decreto che state votando, privandoli persino della possibilità di lavorare.

È possibile immaginare una situazione giuridicamente e moralmente più abnorme?

Come può lo stato accusare di irresponsabilità chi decide di non vaccinarsi, quando lo stesso Stato che per primo declina formalmente ogni responsabilità in merito alle possibili gravi conseguenze del vaccino?

Vorrei che i parlamentari rispondessero a questa contraddizione, che a mio avviso configura una mostruosità giuridica.

Il secondo punto sul quale vorrei attirare la vostra attenzione non riguarda il problema medico del vaccino, ma quello politico del green pass.

È stato detto da scienziati e da medici che il green pass non ha in sé alcun significato medico ma serve ad obbligare la gente a vaccinarsi. Invece io penso si debba dire il contrario: ovvero che il vaccino sia un mezzo per costringere la gente ad avere il green pass cioè uno dispositivo che permette di controllare e tracciare gli individui, misura che non ha precedenti.

I politologi sanno da tempo che le nostre società sono passate dal modello “di disciplina” a quello delle società “di controllo”, fondate sul controllo digitale, virtualmente illimitato, dei comportamenti individuali.

Ormai diventati quantificabili.

Ci stiamo abituando a questi dispositivi di controllo.

Ma, vi chiedo, fino a che punto siamo disposti ad accettare che questo controllo si spinga?

È possibile che i cittadini di una società che si pretende democratica si trovino in una condizione peggiore dei cittadini dell’Unione Sovietica sotto Stalin?

Voi sapete che i cittadini sovietici erano costretti a mostrare un lasciapassare per ogni spostamento da un Paese all’altro.

Noi invece siamo costretti a mostrarlo anche per andare al ristorante, al museo, al cinema e ora anche per andare a lavorare.

Come è possibile accettare che per la prima volta nella storia d’Italia dopo le leggi fasciste del 1938 sui non ariani si creino dei cittadini di seconda classe che subiscono restrizioni che – sul piano strettamente giuridico – sono identiche a quelle subite dai non ariani?

Tutto fa pensare che i decreti legge che si susseguono uno dietro l’altro vadano inquadrati in un processo di trasformazione delle istituzioni e dei paradigmi di governo.

Trasformazione che è tanto più insidiosa perché, come per il fascismo, avvengono senza il cambiamento del testo della Costituzione, ma surrettiziamente.

Il modello che viene così eroso e cancellato è quello delle democrazie parlamentari con i loro diritti e le loro garanzie costituzionali.

Al loro posto subentra un paradigma di Governo in cui, in nome della bio-sicurezza e del controllo, le libertà individuali sono destinate a subire limitazioni crescenti.

La concentrazione esclusiva dell’attenzione sui contagi e sulla salute mi pare impedisca di percepire quale sia il significato di questa grande trasformazione della sfera politica e impedisca anche di rendersi conto che la sicurezza e l’emergenza non sono fenomeni transitori ma costituiscono la nuova forma di governabilità.

Credo che in questa prospettiva sia più che mai urgente che i parlamentari considerino la trasformazione politica in corso che alla lunga del resto è destinata a svuotare il Parlamento dei suoi poteri, riducendolo ad approvare semplicemente – in nome della bio-sicurezza – decreti che emanano da organizzazioni e persone che col Parlamento hanno ben poco a che fare”.

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