In Toscana è in atto la costituzione di una multiutility pubblica cui seguirà il passaggio ad una successiva società ( Multiutility 2 ) da quotare in Borsa con una maggioranza pubblica del 51%. Quindi non si tratta di una ripubblicizzazione o di mantenere pubblici , in caso lo fossero, determinati servizi come per esempio quello dell’acqua.
E non è nemmeno una privatizzazione.
In Italia, come negli altri Paesi occidentali, la politica ha perso la bussola, e, forse per incapacità, incompetenza o altro, sì è consegnata ai tecnici, cioè agli economisti, quelli che in stragrande maggioranza hanno a cuore i profitti e non i problemi delle famiglie e delle imprese. L’errore più grave, che ha coinvolto tutto il resto, è stato il processo di privatizzazione e liberalizzazione figlio del neoliberismo o deregulation di matrice thatcheriana e reaganiana. La deregulation è quella teoria che prevede l’esclusione degli Stati dal controllo sulla libera iniziativa economica privata, per i suoi teorici i mercati, ma che poi mercati non sono.
Quando la finanza, da strumento dei mercati, quelli reali, si è trasformata in mercato finanziario, la funzione di regolazione del sistema, cioè della qualità e dei prezzi dei beni e servizi, è saltata e il risultato è quello attuale. La politica ha consegnato a un’oligarchia finanziaria il governo del sistema ed ora deve sottostare alle sue indicazioni e, magari, anche ai ricatti.
La privatizzazione e la liberalizzazione dei servizi pubblici è un altro cedimento al ricatto, peraltro inserito nel Trattato di funzionamento dell’Unione europea, perché i servizi pubblici sono il miglior modo per realizzare profitti e attrarre quei piccoli risparmiatori che si ritengono operatori finanziari ma sono solo polli da spennare.
Probabilmente la stragrande maggioranza di quel 39% di cittadini che il 25 settembre scorso ha deciso di non votare o ha depositato scheda bianca o nulla è stato l’unico a rendersene conto. La politica non ha capito, il partito che ha subito la maggior debacle ha capito meno degli altri forse perché frastornato dalla quasi certa perdita di potere e di clientele.
Che faranno tutti quelli che dovranno cercarsi un altro lavoro magari con compensi inferiori a quelli attuali? Tutti quei nominati negli organismi di amministrazione e controllo di enti e società che sono ben più dei parlamentari non rieletti ?
Occorre quindi correre per cercare di ridurre il dissanguamento delle clientele a favore delle nuove maggioranze.Questa è la triste realtà di quanto sta succedendo in Toscana con la corsa a costituire una multiutility pubblica cui seguirà una successiva multiutility da quotare in borsa e una maggioranza del 51%
“E’ una privatizzazione ? No, è una finanziarizzazione camuffata dalla falsa affermazione di essere utile a sostenere gli investimenti”, dove la gestione formalmente resta pubblica, garantendo anche i nominati “vicini” ma sostanzialmente sarà privata perché dovrà soddisfare le esigenze della finanza che imporrà le sue regole estromettendo gli enti locali soci da qualsiasi influenza sulla qualità dei servizi . Vigendo le regole del Codice civile per le società.
Le multiutility non sono espressione del libero mercato , sono la finanziarizzazione del libero mercato e ne alterano la sua funzione naturale di regolazione e gli effetti sono quelli che stiamo vivendo in questi giorni a proposito del prezzo del gas , e delle altre materie energetiche.
Come ci troveremo? Cosa succederà in Toscana ?
Ci troveremo male, ci troveremo in una situazione peggiore dell’attuale, nonostante che già oggi da noi , da svariati anni si pratichino le tariffe dell’acqua più alte d’Italia , anche del doppio, che sono servite in buona parte ad arricchire le società di gestione le quali, solo negli ultimi sette anni, hanno realizzato oltre mezzo miliardo di utili netti, in presenza di perdite di rete elevate , carenze nella depurazione , che dove c’è non funziona a dovere, mancanza di fognature e condotte sufficienti che afferiscano ad impianti efficienti.
Se non riportiamo il livello decisionale il più prossimo agli abitanti dei territori dove i servizi vengono erogati , se non blocchiamo la finanziarizzazione del sistema il nostro futuro, quello dei nostri figli e nipoti sarà sempre più incerto.
Il mancato rispetto dell’esito referendario del 2011 ha fatto sì che nel nostro Paese esista ancora una democrazia che è diventata solo formale perché gli italiani , nella grande maggioranza, hanno rinunciato ad esercitarla .
Noi no!
Noi ci battiamo ancora perché l’acqua resti fuori dal mercato, perché l’acqua è un bene comune pubblico primario . Un monopolio naturale la cui gestione deve tornare ad essere pubblica e partecipativa senza che nessuno possa farci profitti.
Comitato Acqua Pubblica Arezzo