di Stefano Pezzola
Sembra quasi un paradosso ma purtroppo è proprio così.
Il pericolo – divenuto ormai quasi una certezza – è che milioni di screening rimasti in sala d’attesa da circa due anni si risolvano in un’altra epidemia alimentata da analisi, visite, interventi chirurgici e cure rinviate.
I dati ci raccontano che con il Covid si sono persi circa 1,5 mln di ricoveri e oltre 150 mln tra visite ed esami.
E le misure per il recupero delle liste d’attesa restano al palo senza intravedere all’orizzonte una inversione di tendenza.
Per i ricoveri le diminuzioni maggiori si sono avute in Otorinolaringoiatria e Chirurgia Vascolare. Ma giù anche quelli in oncologia e per la gestione del paziente internistico-geriatrico legati al paziente cronico con polimorbidità e fragilità.
Per visite ed esami il 90% delle riduzioni ha riguardato le prestazioni nel pubblico.
Sul versante cardiovascolare si è assistito ad un calo di circa il 20 per cento degli impianti di defibrillatori, pacemaker ed interventi cardiochirurgici maggiori.
Anche i ricoveri di chirurgia oncologica, nonostante questa tipologia di ricoveri fosse stata esplicitamente esclusa dal gruppo di prestazioni programmate che potevano essere considerate procrastinabili, si è registrata una riduzione del 13 per cento.
Dell’8 per cento si sono ridotti anche i trapianti d’organi.
Per quel che riguarda la specialistica ambulatoriale si è assistito a una riduzione complessiva per un valore di 2,1 miliardi.
La riduzione maggiore, in questo caso, riguarda gli esami di laboratorio (il 67 per cento delle prestazioni), mentre quelle per visite e diagnostica rappresentano rispettivamente il 12,5 e il 13 per cento.
Il dato che spaventa maggiormente è 2 milioni in meno di prestazioni definite indifferibili.
Per non parlare delle cure a casa: più di un paziente su tre (34,3%) continua ad avere difficoltà nell’Assistenza domiciliare integrata e ben il 71% ha ormai la netta percezione che la situazione sia precipitata e peggiorata rispetto al pre Covid.
E pensare che proprio quest’ultimo fronte è oggetto del principale slogan del ministro della Salute Roberto Speranza, per il post pandemia ovvero “casa come primo luogo di cura”.
Slogan appunto a cui come spesso accade non fanno seguito iniziative concrete.
Manca la messa in campo effettiva dei progetti, manca l’impiego dei fondi da parte delle Regioni e manca, soprattutto, il personale e il buon senso.
I dati certificati dalle piu’ autorevoli fonti fanno tremare i polsi.
Dopo il secondo anno di emergenza sanitaria, all’orizzonte intravediamo soltanto una emergenza sanitaria senza fine detonata e alimentata da incompetenti e incapaci, abili soltanto a rinnovare giornalmente i loro slogan e ricatti.
Grazie a Dio “ogni uomo è colpevole di tutto il bene che non ha fatto” e questa classe politica sarà ritenuta nei prossimi anni responsabile con dolo della distruzione della sanità pubblica.