Nella prima metà di giugno sono già stati molti gli incidenti in acqua e destinati ad aumentare, se è vero com’è vero che diventano – con costanza da oltre un decennio – almeno un migliaio all’anno, dei quali ben quattrocento risultano mortali. Un dato già di per sé impressionante, aggravato dal fatto che il pubblico medio dei colpiti è giovanissimo, addirittura minorenne.
Il che chiama in causa sia l’inesperienza, sia la trascuratezza o la non conoscenza più o meno inconsapevoli, sia – soprattutto – la distrazione o la mancata sorveglianza da parte di figure adulte di riferimento implicitamente affidatarie della vigilanza preventiva e di una maggior consapevolezza sulla situazione.
Insomma, la fatalità non esiste: conta il “fattore umano”!
Ecco quindi un decalogo riassuntivo, dieci semplici “spunti di riflessione”, veri e propri suggerimenti su cosa fare e specialmente cosa evitare nell’avere a che fare con l’acqua.
1-Valutare bene le proprie e le altrui capacità natatorie in base alle condizioni ambientali (temperature, meteo, onde, vento, a riva, al largo, su imbarcazione ecc), alle correnti e a tutto il contesto.
2-Mai trovarsi da soli in acqua – bisogna avere sempre un “compagno d’acqua” vicino – e soprattutto non avventurarsi lontano dalla riva, tantomeno se non si ha anche un natante d’appoggio.
3-Prestare estrema attenzione allo sbalzo termico tra fuori e dentro l’acqua, quindi non solo alla temperatura dell’acqua: situazioni come il corpo accaldato al sole, surriscaldato da attività sportiva o in fase digestiva, possono rivelarsi rischiose anche se l’acqua di per sé non è gelida; e comunque bisogna ricordare che le acque interne sono sempre molto più fredde del mare.
4-Evitare proprio di entrare in acqua se non ci si sente in perfette condizioni di salute, dal punto di vista sia fisico sia psichico.
5-Attendere almeno 4 ore dai pasti principali e almeno 2 ore dagli spuntini.
6-Non forzare mai le proprie prestazioni: l’acqua richiede sempre “conservazione delle energie”. Non nuotare mai contro corrente, bensì di lato; occhio alle correnti di risacca (= rip currents) sui litorali. In mare si galleggia molto meglio che in acqua dolce.
7-Non arrampicarsi sulle scogliere; ed evitare comunque tuffi da altezze superiori alla propria statura e/o dove non si scorge nettamente il fondale; evitare di tuffarsi da mezzi di navigazione, sia fermi sia in movimento. In caso di onde alte con creste (i cosiddetti “cavalloni”), non tuffarsi a favore di onda, ma sempre contro (o dentro o sopra).
8-Nuotare nelle apposite aree dedicate ai bagnanti e in ogni caso mantenersi a distanza di sicurezza dai natanti e dai corridoi a loro riservati; rendersi ben avvistabili (boa con bandiera “segnasub” al seguito, anche per il nuotatore): il pericolo più frequente in acqua d’estate è restare travolti da natanti in transito!
9-Non distogliere mai neppure per un istante lo sguardo dal diretto controllo visivo sui minori, specie sui bambini, neanche se sono solo vicini all’acqua e non vi sono ancora entrati! Estrema attenzione a vasche, fontanili, piscine e qualsiasi altra raccolta d’acqua lasciata incustodita e a portata di bambino!
10-Immersione in Apnea: non farla se non sotto diretta sorveglianza visiva ed evitare l’iperventilazione forzata, manovra abbandonata da molto tempo poiché inutile ai fini della prestazione e anzi capace di predisporre l’organismo a danni da apnea prolungata; non usare tappi auricolari; non usare occhialini da nuoto privi del naso; impiegare equipaggiamento dedicato (muta isotermica); mai trattenersi sul fondo fino alla fame d’aria bensì risalire per tempo; l’apnea è un’attività subacquatica a tutti gli effetti – compreso lo Snorkeling di superficie – e come tale richiede un corso preliminare specifico.
Per completezza d’informazione ci corre obbligo aggiungere due categorie di rischio che – solo per loro specificità – sono esterne al decalogo: il rischio di infezioni, batteriche, virali, fungine e parassitarie, per inalazione, ingestione o passaggio da piccole ferite cutanee, più tipico delle acque interne non clorate; e quello da contatto con animali marini nocivi, in quanto pungenti (ricci), urticanti (meduse, vermocani…) o velenosi (tracina, scorfano ecc). La panacea universale valida per tutti quest’ultimi casi e da applicare immediatamente è riconosciuta essere l’acqua di mare calda (nessun altro “rimedio della nonna” va preso in considerazione…), rimandando a un secondo momento un consulto in farmacia o da un medico curante per qualche medicamento più specifico o per sincerarsi su eventuali risentimenti generalizzati, come febbre, dolori diffusi, vomito, gonfiori, dispnea ecc, che possono suggerire anche un accertamento in pronto soccorso.
La stagione estiva e la vacanza non sono una scusa per dimenticare le regole di sicurezza e le buone pratiche di comportamento atte a evitare inutili rischi a noi stessi e a chi abbiamo vicino. Anche perché, essendo il soccorso in acqua demandato esclusivamente a figure specificamente formate e qualificate (gli Assistenti di Salvamento), al soccorritore occasionale e all’utente comune non rimane che agire di consapevolezza, prevenzione e sorveglianza attiva. Ricordando che, in caso di necessità, evitare di entrare in acqua (il rischio nel soccorso in acqua è statisticamente più alto per il soccorritore che per chi è in pericolo) e invece chiedere aiuto inoltrando una buona chiamata di soccorso al numero unico europeo per le emergenze “112” è quanto di meglio un soccorritore qualsiasi possa fare.
I mondi acquatici e sommersi sono universi naturali straordinari che è fondamentale frequentare e conoscere per acquisire una vera coscienza ambientale (la nostra stessa esistenza su questo pianeta dipende da loro!), ma a patto di essersi messi prima in sicurezza. L’autoprotezione innanzitutto!