domenica, Dicembre 22, 2024

La città della vittoria di Salman Rushdie

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a cura di Roberto Fiorini

Salman Rushdie dal 1989 vive in clandestinità, dopo la condanna a morte decretata da Khomeini e dal regime degli ayatollah seguita alla pubblicazione del libro Versetti satanici, ritenuto blasfemo verso la religione del Corano.
Non ha comunque interrotto le sue attività pubbliche.
Il 12 agosto 2022 è stato oggetto di un grave attentato da parte di un simpatizzante del regime iraniano che l’ha più volte accoltellato nel corso di un incontro ad un festival letterario nello Stato di New York.
Ad inizio febbraio Mondadori ha pubblicato il suo nuovo romanzo dal titolo La citta della vittoria descritto come una saga d’amore, avventura e mito ed una testimonianza del potere della narrazione.
Tu lotterai per assicurarti che nessun’altra donna sia mai più bruciata in questo mondo, e che gli uomini inizino a considerare le donne con occhi nuovi, e vivrai abbastanza a lungo da assistere sia al tuo successo sia al tuo fallimento”.
L’impero Vijayanagara si estendeva nella maggior parte dell’India meridionale nel XV° e XVI° secolo.
Da un certo punto di vista era un vivaio per il mondo moderno globalizzato, in quanto rifugio per l’arte e per le nuove idee nonché una potenza economica che commerciava con la Cina e Venezia.
Era anche un territorio di intrighi, combattuto da fazioni rivali, guerre e potere.
Ero insomma un po’ tutto: nobile e vile, progressista e regressivo.
Solo uno studioso brillante e temerario narratore avrebbe potuto immaginare di affrontare la sua storia in un unico scritto.
In questa India, dopo una sanguinosa battaglia tra due regni ormai dimenticati, una bambina di nove anni ha un incontro divino che cambierà il corso della storia.
La giovanissima Pampa Kampana, distrutta dal dolore per la morte della madre, diventa un tramite per la dea sua omonima, che non solo inizia a parlare attraverso la sua bocca, ma le accorda enormi poteri e le rivela che sarà determinante per la nascita di una grande città chiamata Bisnaga ovvero Città della vittoria.
Quattro mesi dopo l’agguato Salman Rushdie pubblica il suo 15esimo romanzo.
E con La città della vittoria regala ai lettori un’epica cronaca dell’ascesa e della caduta di Vijayanagar  – la capitale dello storico impero indiano meridionale – che acquisisce il nome Bisnaga attraverso sfortunati tentativi di pronuncia da parte di un viaggiatore portoghese.
Il racconto si svolge come una rivisitazione di fantasia della storia di Bisnaga, basata sulla scoperta archeologica del Jayaparajaya.
Le voci fuori campo del narratore senza nome avvertono il lettore sulle intersezioni tra memoria, fantasia e storia.
Come spiega il narratore: “conoscevamo solo le rovine rimaste, e anche la nostra memoria della sua storia era rovinata, dal passare del tempo, dalle imperfezioni della memoria“.
Un umile narratore che non viene mai nominato, ma che supponiamo essere lo stesso Salman Rushdie, né studioso né poeta, ma solo abile tessitore dei fili della storia.
Attraverso la sua poesia, Pampa Kampana genera negli abitanti di Bisnaga un interesse collettivo nella città e nella civiltà che vuole costruire.
Nel romanzo viene raccontato il destino della città, fine alla sua caduta.
Le donne assumono un ruolo centrale nella costruzione del mondo e Pampa è un’incantatrice.
Un romanzo che segna anche una sorta di ritorno per Rushdie che non aveva ambientato un racconto nel subcontinente indiano sostanzialmente da oltre un decennio.
In un’epoca di risorgente nazionalismo, la svolta di Rushdie verso l’epica storica è interessante nel suo ricorso alla storia medievale e ai lignaggi che sviluppa.
La città della vittoria mostra chiaramente la ricerca di Rushdie.
Il romanzo include infatti una bibliografia delle opere a cui ha fatto riferimento, compresa la storia di Vijayanagar dall’inizio del XIV° alla fine del XVI° secolo.
La formazione di Rushdie come storico all’Università di Cambridge risuona nelle pagine.
Ci sono descrizioni dettagliate della vita di corte, della dimora cittadina e degli incontri con i viaggiatori.
C’è anche un astuto senso della parzialità della storia e di come la prospettiva cambi nel diverso racconto e ri-racconto dello stesso evento.
Rushdie è un narratore straordinario e rivela ancora una volta quanto sia importante l’India come fonte della sua immaginazione.
Il romanzo è un appello alla giustizia, al rispetto e all’uguaglianza e forse un prisma attraverso il quale riflettere su come questi ideali siano sempre più minacciati.
Rushdie ci dona le parole e le storie con cui difenderli.
Pampa Kampana  cresce una città potente con in tasca una manciata di fagioli e semi.
Sceglie un mandriano come suo re ed un mercante portoghese come amante.
E’ proprio il racconto sussurrato a mezza voce di Pampa a dar vita, via via a Bisnaga e ai suoi cittadini, nel tentativo di portare a termine il compito che la dea le ha assegnato ovvero garantire alle donne un potere paritario in un mondo patriarcale.
Ogni racconto di fantascienza futuristico è inevitabilmente interessato al qui e ora.
Lo stesso vale sicuramente per la narrativa storica.
Nel nuovo romanzo Rushdie inquadra il passato che diventa una finestra sul presente.
Ci sono proteste che ricordano l’attuale rivoluzione dei libri bianchi della Cina.
C’è un’eroina che lotta per la parità di genere e la tolleranza religiosa, un regno in cui le donne non sono siano velate né nascoste.
Eppure, ogni volta che la missione di Pampa sembra guadagnare slancio, trova una caduta; per ogni azione una reazione, per ogni vittoria una sconfitta.
Se questo può risultare come fatalistico, il tono della narrazione è tutt’altro.
Le pagine scorrono veloci, talvolta decisamente sbarazzine, quasi un giuoco, vivace e costante.
Rushdie descrive ed incornicia la sua miriade di personaggi comprimari in inquadrature letterarie perfette, senza mai concedere un primo piano, in modo che il lettore li possa conoscere dalle loro azioni e dai loro tratti più basilari, ma nulla di più.
E man mano che gli anni passano anche queste cifre iniziano a riecheggiare e ricorrere e l’amante portoghese ad esempio inizia a prendere nuove forme.
Ma tutte le storie hanno un modo per rendersi indipendenti dal loro creatore, e Bisnaga non fa eccezione.
Con il passare degli anni, con l’avvicendarsi dei governanti, delle battaglie vinte e di quelle perse, il tessuto stesso di Bisnaga diventa un arazzo sempre più complesso, al centro del quale resta sempre e comunque la nostra eroina.
Pampa è senza età, destinata a sopravvivere a coloro che la circondano per secoli a causa della sua divinità.
Mentre l’infinito scioglimento del tempo, della guerra e della vecchiaia affligge i fratelli e i suoi figli, lei continua a vivere.
Anche la sua determinazione a commemorare le origini della città e la sua causa femminista persiste.
Al suo ritorno in città alcuni decenni dopo, Pampa si assicura che le donne ricevano ancora una volta opportunità di istruzione e formazione, accesso a lavori qualificati come giudici e ufficiali giudiziari e abilità militari per combattere le guerre meglio dei loro coetanei maschi.
Ma queste politiche vengono abbandonate ancora una volta quando i nuovi leader si trovano corrotti dalla religione e dalle loro opinioni sulle donne, e cacciano Pampa lontano.
Il racconto epico di Rushdie si svolge su scala magica mentre i muri di sabbia emergono intorno alla città e le persone si trasformano in uccelli, il tutto ricorda l’antica epopea romana di Ovidio, Metamorfosi.
All’interno della città, tuttavia, rimangono i conflitti sempreverdi di politica e religione, creazione e distruzione, libertà femminista sullo sciovinismo maschile, tutti dispiegati attraverso i secoli.
Il realismo magico del romanzo evoca il disordine che molti paesi post-coloniali hanno vissuto nel ventesimo secolo.
Rushdie usa questo stile per trascinare i lettori con forza nei suoi mondi immaginari.
Leggere il romanzo è un’esperienza davvero surreale.
Le parti fantasmagoriche ci chiedono di immaginarci nella beatitudine divina o nella condanna infernale.
Per Rushdie, gli spettacoli surreali nelle storie chiedono ai lettori di impegnarsi più profondamente con l’anarchia e l’oltraggiosità degli eventi reali che si trovano dietro di loro.
Leggendo La città della vittoria non si può fare a meno di sentire che c’è una connessione forte tra Pampa e Rushdie.
Opere di grande immaginazione – sia la narrativa epica di Pampa che la rivisitazione di Rushdie – che sono potenti antidoti alla corruzione che la politica e la religione possono racchiudere insieme ancora oggi, specialmente in India.

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