Paura di perdere il figlio appena dato alla luce. È uno dei sentimenti più diffusi fra le madri che partoriscono un figlio prematuro o che durante il parto si trovano sul proprio cammino una difficoltà inattesa. Un sentimento che accomuna entrambi i genitori. Ad aiutarli, dallo scorso settembre, al San Donato di Arezzo, c’è una psicologa. Si chiama Chiara Castracani, specialista in psicoterapia familiare. È lei la vincitrice della borsa di studio che Calcit Arezzo e Comitato Aretino Neonatologia Aps hanno messo a disposizione del reparto di Terapia intensiva neonatale diretto dalla dr.ssa Letizia Magi. «La precedente esperienza di una borsa di studio sul covid – dice la dr.ssa Magi – ci ha permesso di toccare con mano come sia importante la presenza dello psicologo in un ricovero e in terapia intensiva neonatale rappresenta un supporto per i medici ed è parte integrante dell’attività clinica».
Da settembre ad oggi sono una ventina le famiglie che si sono rivolte a lei per avere un supporto psicologico. Un servizio disponibile in reparto due volte la settimana, per quattro ore al giorno.
«La paura c’è quando nel parto insorgono criticità – spiega Chiara Castracani -. La madre vive uno shock quando il bambino viene portato via dai medici per accertamenti e non le viene lasciato, come solitamente avviene subito dopo il parto».
«C’è l’aspettativa delusa – prosegue -. Aspettative nate durante la gravidanza e che un parto prematuro, o le complicanze durante il parto, vedono spegnersi per lasciare il posto ad imprevisto e imprevedibilità. Il tema più ricorrente nelle parole delle madri è quello di un’esperienza diversa da come l’avevano immaginata e questo provoca un senso di smarrimento e preoccupazione. Per i padri il sentimento prevalente è legato al senso di impotenza, mentre la loro presenza è di fondamentale supporto sia per la madre che per i familiari che attendono notizie e con i quali sono i primi a fare da tramite».
L’intervento dello psicologo è importante per aiutare i genitori a prendere consapevolezza della situazione e portarli ad elaborare una situazione per loro negativa. «Io mi avvicino in punta di piedi ai genitori accanto alle incubatrici – spiega Chiara Castracani – e, solo quando loro sono disponibili ad affrontare la situazione, è possibile ripercorrere insieme le paure appena vissute. Non sempre i genitori se la sentono di rivolgersi allo psicologo per parlare. Spesso riescono a parlare di quanto stanno vivendo soltanto verso la fine del ricovero, quando il piccolo è pronto per andare a casa ed è importante rispettare questo tempo».
Sono genitori che combattono con la paura. Anche il suono dei diversi macchinari li spaventa, poi cominciano ad impararne il significato e a distinguerlo. «Alla fine diventano esperti e non si allarmano più – dice Castracani -. Nei ricoveri più lunghi del neonato può insorgere la paura del dopo, di non sapere affrontare la situazione una volta a casa. In reparto, infatti, il tempo è come se fosse sospeso: qui le infermiere offrono il loro supporto in ogni attività della “care” del neonato. “Ce la farò da sola?” è una delle frasi più ricorrenti quando i figli sono stati ricoverati a lungo e le madri dopo hanno paura di come affrontare la quotidianità una volta arrivate a casa».
«Da febbraio – conclude – faremo partire anche i gruppi di auto-aiuto formati da genitori che hanno un figlio in terapia intensiva neonatale. Un’ora a settimana in cui i genitori, con la mia supervisione, potranno condividere tra loro emozioni, vissuti e bisogni. La narrazione e la condivisione fra pari della propria esperienza aiutano il processo di elaborazione. La condivisione fa sentire meno soli i genitori».