Mariae Nivis 1567, il percorso culturale e artistico della famiglia Freschi e Vangelisti nato nel e per il borgo di Pratovecchio, ha sostenuto la sesta edizione di Una Boccata d’Arte, il progetto nazionale di arte contemporanea diffusa, ideato da Fondazione Elpis, che ogni anno porta la creatività di 20 artisti in 20 borghi italiani.
Per la Toscana nel 2025, è stato scelto proprio Pratovecchio Stia, sede del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, con un progetto di Stella Rochetich curato da Gabriele Tosi dal titolo “Gli alberi non vagano”.
L’opera – una sorta di uovo gigantesco da cui emergono fessure dalle quali è possibile attingere l’aroma che l’osmoderma eremita, un insetto raro che vive nel legno in decomposizione, rilascia per attrarre le femmine, è stata collocata in modo permanente nella fontana di Piazza Jacopo Landino.
L’installazione si ispira proprio a questo insetto che vive silenziosamente i boschi del Casentino e soprattutto al feromone emanato per farsi trovare dalle femmine.
La riflessione da cui è partita Stella Rochetich per questa sua installazione, è l’amore e la fertilità del borgo di Pratovecchio in connessione con la natura.
Stella ce lo racconta così: “L’idea non nasce da un singolo momento ma da una serie di frammenti che mi sono arrivati dalle persone del borgo che, durante la residenza artistica, mi sono stati restituiti.
Parlo del Direttore del Parco Andrea Gennai, ma anche di altre persone come Denise Vangelisti.
Quando ho saputo dell’esistenza dell’osmoderma eremita ho capito quale strada prendere.
Ho lavorato così su un doppio binario visivo e olfattivo. Lavorare con l’odore è una maniera per riappropriarci del nostro corpo.
L’arte per me ha una dimensione generativa che apre a un pensiero e a ulteriori intuizioni, che non sia un punto di arrivo ma di inizio.
E’ stato tutto un processo di scoperta grazie al quale è nata l’opera “Gli alberi non vagano” che lega bosco e borgo”.
L’opera è nata in un percorso di collaborazione che ha legato tante anime dello stesso borgo.
L’uovo della vita e della fertilità è un contenitore in ceramica, uno scheletro di rara fattura e cavo al cui interno sono state incollate delle ampolle come fossero gole all’intero del vuoto, nelle quali è stata iniettata l’essenza, la molecola del feromone, che è stata utilizzata per un progetto di tutela dell’insetto.
Stella spiega così il percorso creativo e realizzativo: “La molecola è l’elemento chimico che fa parte della mia ricerca e la sostanzia.
La seduzione olfattiva è stato un aspetto per me molto interessante per allineare il borgo e il bosco e fare in modo che qui nasca questa apertura, questa fertilità di vita, amore, arte.
Pratovecchio e il suo borgo arrivano nella mia vita artistica in un periodo di sperimentazione e di scoperta.
Posso dire che secondo me l’arte svolge un’azione che è quella di mettere in luce delle questioni, non dà delle risposte e delle soluzioni, ma al contrario mette in discussione, solleva dubbi, scompiglia le carte.
Spero dunque che da questa opera emerga con forza proprio un’azione dialettica e come tale positiva, che possa farci riflettere sul nuovo ruolo dei piccoli borghi nel rilanciare un’idea di vita in perenne apertura”.
L’Osmoderma eremita deve il suo nome all’aroma di cuoio di Russia emesso dai maschi per attrarre le femmine. Gli adulti sono di piccole dimensioni, 2 – 3 cm, e dorso scuro e sfarfallano tra giugno e luglio.
Le larve, che si sviluppano in 2 – 3 anni, sono saproxilofaghe e si nutrono di legno morto all’interno delle cavità degli alberi.
Frequenta le aree forestali e le alberature ricche di esemplari di grandi dimensioni malati e marcescenti.
L’opera che ha al suo interno la molecola emanata dall’osmoderma non altera la fontana, ma la abita con discrezione, come l’insetto nel tronco cavo.
Chi si avvicina potrà prelevare l’odore usando bastoncini in legno locale, da portare con sé. Ogni bastoncino contiene una traccia di bosco: pochi grammi che mostrano come anche il legno lasciato in vita, lì dove cresce, possa generare valore.
Non più materia da esportare, ma presenza viva che sostiene un’altra idea di economia e paesaggio.
Stella ha ascoltato in un dialogo profondo e generativo tante persone (artigiani, religiose, amministratori locali, imprenditrici) tra cui Denise Vangelisti che oggi racconta così questa esperienza: “Per me e mio marito Stefano quella di Mariae Nivis 1567 non è stata solo una scommessa, ma un progetto di vita nuova, che è iniziato con l’acquisizione dell’antico monastero e con i lavori di ristrutturazione.
Abbiamo voluto investire sul piccolo borgo come cuore pulsante di un percorso creativo che ci vede insieme come collezionisti d’arte moderna, come imprenditori del bello, come sostenitori di progetti di tutela della nostra natura.
Il percorso attivato da tempo con la Federparchi per la tutela di alcuni ettari di faggeta sul Monte Falterona, è legato a questo progetto familiare e imprenditoriale.
Ribadisco entrambi gli aspetti, poiché crediamo che fare utili non sia il solo obiettivo di un’azienda che si collochi idealmente nel futuro. La comunità e le persone rappresentano priorità reali a cui tendere con amore”.