Siamo arrivati ad agosto, notoriamente il mese in cui tutti gli italiani, o almeno chi potrà permetterselo, potrà godere di qualche giorno di ferie dopo i venti mesi più brutti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, ma a settembre per gli italiani e soprattutto per il governo si aprirà un autunno che potremmo definire “caldo”.
Il Governo ormai si è insediato da oltre sei mesi in cui si è principalmente occupato di vaccini e di lotta alla pandemia. L’accelerazione data dal generale Figliuolo è stata notevole e con una media di 500.000 vaccinati al giorno si è arrivati abbastanza velocemente ad avere oltre il 53% di italiani che hanno effettuato il ciclo completo della vaccinazione.
Il dato è molto positivo ma adesso viene il difficile. Perché fino ad ora è andato a vaccinarsi chi credeva nell’effetto salvavita del vaccino ed era motivato, ma adesso mantenere un numero di vaccinazioni di mezzo milione al giorno sarà molto difficile, perché ci sono gli scettici, chi ha paura e anche di non vuole assolutamente vaccinarsi.
Purtroppo il virus già da un paio di settimane sta riprendendo forza con la variante Delta e si teme che possa verificarsi lo stesso andamento dell’anno passato con un’ impennata dei contagi in autunno concomitanti con l’inizio delle attività scolastiche e con il rientro al lavoro nelle grandi fabbriche del nord Italia.
Proprio l’inizio delle attività scolastiche spaventa moltissimo il governo perché non si vuole e non ci si può permettere un altro anno scolastico come quello passato con interruzioni continue dell’attività scolastiche in presenza e massiccio ricorso alla DAD, ma con la non totalità degli insegnanti vaccinati e la grandissima parte degli studenti senza vaccino il problema in autunno rischia di diventare molto serio.
Altro problema drammatico che si presenta al governo è quello che riguarda il lavoro. Il blocco dei licenziamenti dovuti al covid ha garantito un almeno parziale mantenimento dell’occupazione ma era prevedibile che appena concluso il blocco le aziende avrebbero cominciato a spedire le lettere di licenziamento. Purtroppo questo si sta già verificando e pare che sul tavolo del Ministro Orlando giacciono oltre 150 dossier di tavoli di crisi con aziende in seria difficoltà.
Sul fronte previdenziale bisogna intervenire molto celermente perché a fine anno scade la famosa “quota 100” ed in assenza di interventi si assisterebbe dal 1 gennaio 2022 ad un ritorno della legge Fornero che innalzerebbe in un giorno l’età di accesso al pensionamento dagli attuali 62 a 67 anni. Ci sono molte proposte sul tappeto.
Dalla proposta di quota 102 (64 anni di età sommati a 36 anni di contributi) calcolati però integralmente col sistema contributivo, alla proposta del Presidente dell’INPS Tridico che propone un’uscita a 63 anni calcolata col metodo contributivo e conteggio a 67 anni della parte retributiva, alla bellissima proposta dei sindacati confederali che invece prevede 41 anni per tutti uomini e donne o in alternativa una flessibilità in uscita a partire dai 62 anni di età.
Sicuramente una situazione da far tremare i polsi accentuati dalla riottosità delle forze politiche che pur essendo in una coalizione di governo che possiamo definire di emergenza non perde occasione per operare dei distinguo e posizionare delle “bandierine” che Draghi con la sua competenza e con il suo carisma dovrà necessariamente rimuovere.
Articolo scritto da Mauro Marino
esperto in economia