di Stefano Pezzola
I non Vaccinati? Tutti al confino.
Ogni regime dittatoriale del Novecento si è dotato nel processo di consolidamento del proprio potere, di una macchina repressiva, più o meno efficiente, per far fronte alle sacche di resistenza all’ideologia dominante.
Non fa, ovviamente, eccezione il draghistan.
Lo strumento più noto della repressione messa in atto dal regime fascista ad esempio fu quello del Tribunale speciale per la difesa dello Stato, organo giudiziario creato ad hoc, il cui fine era quello di annientare i sovversivi con il carcere.
Ma il mezzo con cui la repressione della dittatura fascista colpì la maggioranza degli antifascisti fu quella del confino di polizia per reati politici.
ll confino di polizia venne istituito con l’entrata in vigore del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TUPLS), il 6 novembre 1926, documento proposto dal Ministro dell’Interno, Luigi Federzoni.
Il TULPS ebbe, fra le altre cose, la funzione di dare una copertura legislativa e istituzionale alla repressione dalla polizia, altrimenti condotta con metodi illegali e poco ortodossi.
Il quinto capo di questo corpo di leggi, regolava il confino di polizia, concepito per bloccare gli avversari politici, ma che nel suo linguaggio giuridico non lasciava trasparire questa funzione.
Esso consisteva nel condannare il sovversivo a vivere in un luogo diverso e il più possibile lontano da quello di residenza, in modo da tagliare i legami che esso aveva con organizzazioni considerate sovversive.
A seconda delle condizioni di salute e della pericolosità, in termini politici, del condannato, il confino poteva svolgersi o in piccoli comuni di terraferma – per i cagionevoli di salute e i meno pericolosi – o nelle isole di Lipari, Lampedusa, Pantelleria, Favignana, Ustica, Ventotene, Ponza e Tremiti, dove furono organizzate delle colonie.
La procedura di invio al confino di polizia era molto più rapida e snella rispetto all’emanazione di una sentenza del Tribunale Speciale: la grande differenza fra le due istituzioni è che la seconda operava in campo penale, mentre la prima in campo amministrativo.
Questo comportava che per il Tribunale Speciale le accuse a carico dell’imputato dovevano essere più precise e le prove certe, mentre per il confino di polizia anche il semplice sospetto bastava per una condanna: a testimonianza di ciò centinaia di sentenze arbitrarie.
Giusto per riaffermare ai difensori ad oltranza della narrazione dominante – che non vedono nel green pass uno strumento subdolo di esclusione sociale – che forse avrebbero tutti bisogno di un ripassino di storia.
Perché una dittatura sanitaria e non solo in Italia l’abbiamo avuta.
E si chiamava Black Pass.
Allora, al posto del Covid, c’era la malaria.
Nel 1925, infatti, con il pretesto delle ricorrenti epidemie, il Duce – da tre anni al potere – diede l’autorizzazione a due oscuri ricercatori iscritti al partito, Giacomo Peroni e Onofrio Cirillo, di condurre un esperimento su larga scala a spese di centinaia di persone povere e vulnerabili, in violazione di ogni norma di etica professionale.
I due scelsero un gruppo di duemila lavoratori impiegati nella bonifica di aree malariche in Puglia e in Toscana, gli levarono il chinino – un farmaco usato per decenni contro la malattia, e che si era dimostrato efficace nel ridurre la mortalità – e gli somministrano del mercurio, un rimedio già ampiamente bocciato dalla comunità scientifica e dal Consiglio Superiore di Sanità.
Obiettivo dell’esperimento, in linea con le aspirazioni del regime, era dimostrare che l’Italia poteva curare la malaria senza dover dipendere dall’estero, all’epoca i Paesi Bassi avevano il monopolio della produzione di chinino.
Una terapia alternativa, autarchica, per fare dispetto a Big Pharma.
Non si sa di preciso quante vittime e quante sofferenze provocò l’ardito esperimento, anche se Peroni affermò che i risultati erano stati splendidi, tanto da proporre di mercurializzare l’intero esercito italiano.
Oggi ci troviamo in una nuova dittatura sanitaria – perché la Storia come sempre non insegna nulla – e non più in democrazia.
Questi vaccini non sono dei veri vaccini, ma un montaggio complicato di biologia molecolare che è capace in alcuni casi di essere un veleno.
È un orrore costringere le persone, adesso i bambini, a farsi inoculare questo preparato molecolare.
I medici hanno da sempre negato la prescrizioni di cure che funzionano.
Il Green Pass? Un affare di marketing sanitario e politico.
E i NoGreenPass e NoVax non sono complottisti.
Sono i vaccini ad essere inutili, pericolosi e inefficaci.
A differenza di quello che ci avevano raccontato, questi vaccini non impediscono affatto la diffusione del virus.
E se qualcuno prova ad evidenziare gli effetti avversi, viene deriso ed emarginato, perché viviamo in una vera e propria realtà di menzogna.
I complottisti in fondo sono proprio loro.
Ma loro chi?