di Andrea Giustini
Da martedì scorso la Regione Toscana è diventata “antifascista”. Con un atto di modifica, approvato all’unanimità dal Consiglio, è stata aggiunta una frase all’articolo 3 dello Statuto Regionale: (la Regione Toscana) “promuove, difende e pratica la memoria della Resistenza e l’antifascismo quale principio costitutivo del proprio ordinamento”.
La proposta di tale modifica era stata fatta dalla Giunta Giani la scorsa primavera, poco prima della Festa della Liberazione del 25 aprile. Secondo quanto dichiarò il Presidente della Regione, si trattava di una necessità. Di più: a causa dell’uso e dell’abuso dei social, evidentemente sbagliato, che si riscontrerebbe fra i giovani, aggiungere l’antifascismo allo Statuto diventava addirittura un’urgenza. Eppure oggi, ad iter compiuto, non sembra di vedere in giro molti toscani raggianti per questa “urgenza” affrontata, a sventolare bandiere dell’Italia o della Regione Toscana.
Anche i grandi giornali paiono essere stati freddini. Ad una rapida occhiata in rete ci si imbatte in un articolo di la Repubblica Firenze sulla questione, in uno de La Nazione. Ma c’è poco altro in circolazione. Perché? Perché la notizia su quella che per la Giunta era una necessità un’urgenza, è passata così in sordina? Forse una risposta la si può trarre dalle reazioni che si notano sin dai social.
Su Facebook, sotto il pezzo de La Nazione, non c’è un commento di apprezzamento della modifica allo Statuto che sia uno. «Ovvia: ora si lavora?» sogghigna un utente fiorentino. «La Costituzione – interviene un secondo – già prevede norme antifascismo. Povera Italia: con la testa al passato, disattenta al presente, cieca sul futuro». «Adesso sì che sono risolti i problemi dei Toscani e degli italiani – commenta un terzo -. Immagino la sanità con questa iniziativa sarà al top». E ancora: «Le ultime votazioni lo hanno dimostrato: la maggioranza dei toscani, essendo veramente antifascista, veramente per la libertà di espressione e nell’interesse del popolo (cose che ormai il PD ha dimenticato), ha votato FdI».
E così via, fra ironiche ipotesi di qualche bicchiere di troppo mandato giù da Giani e preoccupazioni per la tragedia energetica che sta falciando famiglie, imprese, ed economia come mai prima d’ora, percepita decisamente come più urgente. Come non concordare con chi fa notare che la Regione è già antifascista, poiché la Costituzione prevede norme “antifascismo”. Ma lo sarebbe anche se non vi fossero, poiché il nostro ordinamento, essendo democratico, esclude già a priori che qualsiasi sua articolazione istituzionale possa comportarsi in modo “fascista”, o autoritario in generale.
Su la Repubblica, giornale notoriamente letto da un target più di “sinistra”, stesso copione. «Inventate qualcosa di nuovo, oh perdenti! Queste favole su nemici immaginari non funzionano più!». «Fai il rigassificatore Giani, basta aria fritta. Ti paghiamo per DECIDERE!». Un commento significativo è questo: «La Regione Toscana – scrive una persona – decide di modificare il proprio Statuto dichiarandosi “antifascista”, udite udite, a distanza di cento anni dall’affermazione del fascismo. Queste sono considerate le priorità della classe politica. Per il resto, i temi reali del lavoro, dei salari, dei giovani e del caro vita, lasciateli pure alla destra. Così alle prossime elezioni si ritroverà a vincere anche la Regione, servita su un piatto d’argento».
Si potrebbe dire che è vero che la decisione di modificare lo Statuto era stata presa mesi fa, non ora. Quindi non è corretto sostenere che, in un momento così critico per il Paese, la Giunta Giani dia la priorità ad altro, poco concreto e astratto. Eppure è proprio la sensazione di astrattezza vuota, di distacco dalla realtà delle cose, quella che si ha ascoltando le dichiarazioni che il Presidente della Regione e di alcuni, fra membri della Giunta e consiglieri, hanno fatto nei giorni scorsi, a modifica compiuta.
«Cruciale ribadire questi concetti nell’attuale fase storica – ha dichiarato l’assessore alla Cultura della Memoria, Alessandra Nardini – perché vogliamo dire con estrema chiarezza che in Toscana non c’è e non ci potrà mai essere nessuno spazio per rigurgiti nazifascisti». E ancora: «Nessuna sottovalutazione rispetto a episodi vergognosi accaduti nel nostro Paese e anche nei nostri territori: saluti romani, sfregi con svastiche alle lapidi in ricordo di partigiane e partigiani, attacchi alle sedi del sindacato come quelli a cui abbiamo assistito recentemente, una lista che purtroppo potrebbe essere ancora più lunga».
L’attuale “fase storica”, dall’inizio della pandemia ad oggi, non vede all’orizzonte alcuna minaccia fascista al nostro ordinamento democratico. Non ci sono movimenti politici fascisti, nazisti o anche solo genericamente autoritari che mirino al potere, o minino quanto sancito dalla Costituzione del ’48. I “saluti romani”, gli “sfregi” ai monumenti, ed anche gli “attacchi” a sedi di sindacati, per quanto deprecabili, non hanno alcuna possibilità né intenzione di tradursi in cambiamenti alle nostre istituzioni in senso fascista. Non si capisce dunque perché sarebbe “cruciale”, oggi, ribadire “l’antifascismo”. Né tanto meno perché sarebbe “urgente” inserirlo esplicitamente fra i principi della Regione Toscana. Purtroppo simili motivazioni finiscono per risultare solo retorica.
Ma suonano anche più astratte e retoriche le parole usate dal presidente del Consiglio Regionale, Antonio Mazzeo. «La Toscana è antifascista da sempre, da oggi è scritto nero su bianco anche nel suo Statuto. Il nostro simbolo, il Pegaso alato, era il simbolo del Comitato toscano di Liberazione nazionale e rappresentava la libertà del popolo italiano. Essere antifascisti oggi vuol dire riconoscersi nei valori della dignità, della libertà e dell’uguaglianza scritti nella nostra Costituzione, nata proprio dalla lotta antifascista». Ora: è vero che il Pegaso era nello stemma del CTLN, ma questa creatura così come il mito da cui deriva hanno un significato ben più ampio e profondo, che è superficiale, riduttivo, far semplicemente passare come “simbolo partigiano”. Inutile poi notare che quella del “simbolo” risulta disquisizione fine a sé stessa, scollegata da ragioni politiche o sociali concrete. Come dire: un po’ “intellettualoide”.
Adesso non si può più nemmeno sostenere, demagogicamente, che la minaccia “nell’attuale fase storica”, sia costituita dai “fascisti” di Fratelli d’Italia. Proprio il partito di Giorgia Meloni, che Enrico Letta durante campagna elettorale in toscana, aveva paventato come “intenzionata chiedere pieni poteri”, ha votato a favore dell’inserimento dell’antifascismo nello Statuto regionale.
Riprendendo il simbolo di Pegaso, non rimane quindi che dire una cosa: il fascismo oggi è una chimera. Ma non nel senso di un mostro spaventoso, che dobbiamo riuscire sconfiggere sulle ali della famosa creatura mitologica. E’ già stato sconfitto quasi un secolo fa. Invece nel senso letterario e moderno del termine: cioè un’illusione, un vaneggiamento, qualcosa che non può accadere. Questo è il fascismo oggi: un’illusione. Va benissimo inserire il “principio antifascista” nello Statuto della Regione Toscana, ma per il suo valore storico, non millantando che oggi, nel 2022, ci sia una qualche minaccia chimerica all’orizzonte, da cui dobbiamo difenderci.