Il laboratorio che ai tempi del lockdown effettuava le analisi sui tamponi per il coronavirus per conto delle aziende sanitarie della Toscana avrebbe usato un reagente non autorizzato, poiché privo del marchio ‘Ce’ e deputato al solo uso a fini di ricerca. E’ quanto scoperto dalla guardia di finanza, nell’ambito di indagini coordinate dal procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli e dal pm Antonino Nastasi. Secondo quanto spiegato dalle consulenze effettuate per conto della procura dai medici dell’Iss e da quelli dell’Istituto Spallanzani di Roma è emerso che il reagente, pur non essendo autorizzato, non avrebbe comunque falsato l’esito degli esami diagnostici.
I contratti stipulati dal laboratorio prevedevano l’effettuazione, tra aprile e luglio scorsi, di un massimo di 3mila tamponi al giorno, per un valore complessivo dell’affidamento di circa 10 milioni di euro.
“In difformità dei contratti stipulati con le aziende sanitarie – spiega una nota della Gdf -, il laboratorio avrebbe utilizzato in parte un componente del kit diagnostico non previsto contrattualmente ed ad uso di ricerca”. Il legale rappresentante e il direttore del laboratorio, che ha sede a Firenze e fa capo a una multinazionale, sono stati colpiti da una misura interdittiva della durata di 12 mesi con l’accusa di frode in pubbliche forniture.
Nei confronti del primo, l’interdizione opera sulla possibilità di concludere contratti con la pubblica amministrazione mentre il secondo è stato interdetto dall’esercizio della professione di direttore del laboratorio.